Laura Cesaretti
da Roma
I Ds chiedono a Prodi e al suo governo un «cambio di passo», e lo chiedono tutti insieme, con tanto di ordine del giorno approvato allunanimità. Fassiniani, dalemiani, Correntone: lunica cosa su cui la Quercia sembra ritrovarsi unita, in una Direzione in cui ci si divide e ci si scontra sul futuro Partito democratico, è la critica a una Finanziaria che da Palazzo Chigi è stata impostata male e gestita peggio, provocando un crollo verticale dei consensi attorno al centrosinistra e un clima di protesta in tutto il Paese. E dunque è urgente correggere la rotta, prima che sia troppo tardi.
Ovviamente nè Fassino nè tanto meno DAlema, che di Prodi è addirittura il vice al governo, possono metterla giù così brutale, ma il senso del messaggio che ieri il parlamentino ds ha inviato a Palazzo Chigi è esattamente questo. E Prodi, pur informato in anticipo sulle intenzioni della Quercia, non ha gradito per nulla le bordate, e le ha giudicate «inopportune» e «poco leali», tanto più perchè arrivate in contemporanea con i richiami di Montezemolo ai riformisti e le proteste e le accuse della piazza vicentina guidata da Berlusconi.
Ma il clima di delusione, frustrazione e allarme che circola nel principale partito della maggioranza ieri era percepibile a ogni intervento. A cominciare da quello bellicosissimo di Fabio Mussi, che è arrivato a minacciare di dimettersi da ministro dellUniversità e della ricerca se nella Finanziaria saranno confermati i tagli al suo settore: «Si sta alzando - avverte Mussi - un'onda ripida di delusione nel mondo della scuola e della ricerca dove altissime erano le aspettative. Attenti perchè se si delude qui le conseguenze possono essere pesanti». Il ministro chiama i Ds a battersi: «Il partito metta il suo peso per una correzione - incita - perchè non penso che questo governo possa presentarsi così. Certo questo ministro non è disposto ad assumersi questa responsabilità». Ma anche Piero Fassino non lesina critiche: lamenta un «difetto di comunicazione» del governo, che sta reagendo male alle contestazioni: «Non può essere sottovalutato - avverte - limpatto che può derivare» dalla bocciatura di Fitch e di Standard&Poor. «Nè - incalza - possiamo guardare con sufficienza al malessere e ai dissensi manifestati dal ceto medio, dipendenti e autonomi, nel Nord del paese». Ma soprattutto cè un difetto di «missione» di questa manovra, contesta riecheggiando quanto aveva già autorevolmente lamentato Ciampi: «Con il Dpef e il decreto Bersani sulle liberalizzazioni si era cominciato bene, dando il senso di una mission di questa manovra. Ma poi per strada quel senso si è perso», insieme al «consenso» attorno alla Finanziaria.
Si è impostata una manovra «tutta incentrata sulla redistribuzione e non sulla crescita», lamenta il segretario della Quercia, e così «si è inceppata la concertazione e creato un ingorgo attorno alle singole misure». Ora bisogna correre ai ripari, spiegando che questa Finanziaria «non può essere esaustiva della nostra politica economica», e che da subito va stabilita «unagenda di riforme» che veda in testa pensioni e pubblica amministrazione. E DAlema batte sullo stesso tasto: «La Finanziaria è stata una scelta importante, ma è insufficiente se non mettiamo subito in calendario un rilancio dell'azione riformista», per fare «scelte coraggiose» capaci di parlare «alle forze produttive del Paese e alle nuove generazioni». Gianni Cuperlo denuncia: «Il governo è entrato in una crisi di consenso che rischia di eroderne la credibilità», e ha deluso un elettorato che si aspettava più «innovazione e coraggio». Secondo Gavino Angius «occorre cercare di rafforzare la guida politica della coalizione». Fulvia Bandoli ironizza sul forsennato balletto «su Tfr, Suv, aliquote, dopo che questa manovra ci era stata presentata dicendo: è così e non si cambia una virgola...».
Cesare Salvi denuncia un «difetto di direzione politica del governo», «un miscuglio di decisioni prese e poi ritrattate» e conclude: «Se il risultato che si cercava era di avere tutti contro, mi pare che ci siamo riusciti!». Il responsabile economico Antonello Cabras difende il diritto dellopposizione a manifestare: «Siamo gli ultimi a poter criticare Berlusconi perchè scende in piazza a Vicenza: basta ricordare cosa facevamo noi quando al governo cera lui...».
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