Intanto, nei corridoi del ministero dell’Economia da ieri hanno iniziato a confrontarsi due tesi diverse. La prima ricorda come anche in Gran Bretagna la spesa pubblica sia aumentata rispetto al Pil; quindi, almeno concettualmente, favorisce un allentamento dei vincoli di bilancio (così come chiede la sinistra estrema). La seconda ipotizza, come extrema ratio, interventi di finanza creativa per recuperare i 10-15 miliardi che al momento mancherebbero all’appello della legge finanziaria.
Le uniche certezze del ministro dell’Economia arrivano dal fronte fiscale. I prossimi documenti di finanza pubblica, assai probabilmente, fotograferanno l’andamento spontaneo del gettito come elemento programmatico. Vale a dire che, per forza inerziale, il governo farà emergere per il prossimo anno le maggiori entrate verso livelli superiori ai 720 miliardi già ufficializzati. La sola rivalutazione di questi livelli in base alla crescita nominale del Pil porta il gettito fiscale e contributivo atteso per il prossimo anno a livelli superiori ai 750 miliardi di euro.
Per avere un’idea del valore ecco un esempio: le tasse e i contributi che, in base a questi calcoli, gli italiani pagheranno il prossimo anno equivalgono al Pil - cioè alla ricchezza - prodotto dall’Italia nel 1991. Il Fisco, insomma, assorbe l’intera ricchezza che l’Italia produsse sedici anni fa in dodici mesi.
Ed è per queste ragioni che sia Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia, sia Mario Baldassarri, senatore di An ed ex viceministro dell’Economia, ritengono che i dati ufficiali sulle entrate siano «sottostimati». «Il governo - commenta Baldassarri - dovrebbe scrivere almeno 9-10 miliardi in più». E arriva alla conclusione che l’affermazione di Padoa-Schioppa di voler introdurre una tregua fiscale «sia solo uno slogan mediatico. In quanto il prossimo anno la pressione fiscale sfiorerà il 48%». Ad alimentare il fenomeno, la scelta dell’Economia di «chiamare programmatico il maggior andamento tendenziale delle entrate, attribuendo la differenza alla lotta all’evasione fiscale e alle vessazioni di Visco». Nella sostanza - commenta Brunetta - «seppure il governo non mettesse nuove tasse nella Finanziaria, la pressione fiscale aumenterà comunque».
Ma a occupare i pensieri del ministro dell’Economia non è soltanto la ritrosia dei colleghi a tagliare le spese; c’è anche la richiesta di maggiori risorse.
Come quelle per la spesa sociale, chieste da Paolo Ferrero, magari attraverso l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Soluzione che Padoa-Schioppa, ora, non vedrebbe con favore, a causa dell’andamento dei mercati, e il non completo assorbimento della crisi dei mutui americani. Fenomeno che, per i conti pubblici, produce un duplice problema. Da una parte, rende più problematico collocare titoli pubblici in un momento di scarsa liquidità del mercato. Dall’altro, rischia di avere effetti negativi sulla crescita. Tant’è che ormai al ministero si sta orientando a rivedere al ribasso la previsione di aumento del Pil per quest’anno e per il prossimo. I più ottimisti puntano per quest’anno a una crescita dell’1,8% (rispetto al 2% previsto); per il 2008 la revisione al ribasso del Pil andrebbe dall’1,9 all’1,7%. Le cifre ufficiali, comunque, verranno prodotte quando lo staff di Padoa-Schioppa tornerà a essere al completo. Alcuni dirigenti, infatti, sono ancora in ferie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.