(...) Bono e il capo della divisione Megayacht Giovanni Romano sono completamente impazziti, o cè dellaltro.
La prima la escluderei. Anche perchè, finora, nel panorama non particolarmente edificante dellindustria di Stato italiana, nonostante la gravissima crisi mondiale, Fincantieri ha fatto tuttaltro che una brutta figura. Certo, il piano industriale lacrime e sangue dei mesi scorsi - filtrato in varie versioni, mai in quella ufficiale - al momento è fortunatamente un ricordo. E certo la gestione di quella fase e soprattutto del modo in cui sono uscite le notizie, non certo per colpa dello staff di Bono e degli uomini delle relazioni esterne, non passerà alla storia come un modello di comunicazione.
Ma, a parte quellepisodio, anche solo per limitarci alle vicende delle intercettazioni, prendiamo atto con piacere che - fino ad oggi - non ce nè mezza dove Fincantieri e i suoi dirigenti vengono chiamati in causa per motivi che non sono industriali. E questa, permettetemi, è una medaglietta che vale moltissimo.
Detto ciò, la crisi cè e si sente. Soprattutto, si sente nella cantieristica. Mondiale, non italiana. E Bono e i suoi stanno facendo i salti mortali per affrontarla. Tanto per fare qualche numero, il mercato delle navi da crociera - che fino a pochi mesi fa garantiva dodici unità in media allanno e di cui Fincantieri è il maggior produttore mondiale - vale oggi solo sei-otto navi allanno, due o tre delle quali acquisibili dallazienda italiana. Ovvio che, in questo quadro, visto che gli armatori crocieristici hanno il coltello dalla parte del manico, i prezzi calino ulteriormente. Ma il vero rischio arriva dal Far East. Quando i competitor coreani, cinesi e indiani arriveranno sul serio in questo mercato, finora riservato solo a prodotti di altissima qualità come quella italiana, le commesse per nuove navi rischiano di andare tutte verso lEstremo Oriente.
Ogni tanto, ad esempio, salta su qualcuno a proporre che Fincantieri realizzi gasiere o altre navi mercantili. Il problema è che nessun armatore sarebbe così folle da ordinarle nei cantieri italiani. Non per problemi di qualità, tuttaltro. Ma, semplicemente, perchè tutte le navi in cui il ferro prevale su tutto e il contenitore sul contenuto, se prodotte in Cina o nel Far East costano almeno la metà che in Italia. E la qualità di questo tipo di navi è simile. In Cina i diritti sindacali sono molto minori, il costo del lavoro è minimo rispetto a quello italiano, le garanzie per lambiente su emissioni e dintorni sono praticamente inesistenti. Questi, però, sono problemi che interessano pochissimo i clienti che, ovviamente e anche umanamente, non pagano duecento quello che possono avere da unaltra azienda a cento.
Tutto ciò, però, pesa moltissimo sui cantieri italiani. Troppi, innanzitutto, e dimensionati su anni doro, quando la cantieristica tirava moltissimo. Soprattutto, sparsi su tutto il territorio nazionale e in zone come la Liguria addirittura tre in meno di 150 chilometri: Sestri Ponente, Riva Trigoso e Muggiano alla Spezia. Unazienda privata, tanto per dire, non potrebbe mai permettersi nemmeno di pensarlo.
Il problema è che, nei periodi di vacche grasse, un dimensionamento simile funziona anche bene: cè lavoro per tutti e, quindi, si chiude un occhio sul fatto che i cantieri siano troppi. Ma, in problemi di vacche magre o magrissime o morte, come quello attuale, il lavoro per tutti non cè e si preannunciano tempi drammatici, ad esempio, per il cantiere di Sestri Ponente, già oggi semideserto e da marzo senza alcuna nave, visto che lunità extralusso da minicrociera per i francesi della Compagnie du Ponant che Fincantieri si è appena assicurata, andrà probabilmente sullAdriatico. Certo, per lamministratore delegato Giuseppe Bono è comunque un successo. Festeggiato con la sua classica dialettica al peperoncino verbale: «Anche in un momento difficilissimo come quello attuale, lazienda continua con grande determinazione la sua battaglia su un mercato particolarmente depresso per acquisire gli ordini che si prospettano. Con questo ordine, Fincantieri, che da tempo è leader mondiale tra i costruttori nel comparto crocieristico, consolida la propria presenza nel segmento della navi di lusso di piccola e media dimensione».
Proprio qui sta il punto: la diversificazione delle aree.
Sono le misure da cui passa il futuro di Fincantieri.
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