Nessuna morte ha mai un senso. Ma ci sono morti così assurde che l'unica reazione giusta dovrebbe essere il silenzio. Un silenzio che non può però soffocare l'inevitabile interrogarsi sul perché si possa perdere la vita per un banale litigio sulle delle strisce pedonali che si trasformano in un ring. Una precedenza forse non rispettata all'incrocio di strade e destini che non può però giustificare l'esplodere di rabbie e passioni che infuocano la testa e spengono la ragione. Un mondo in cui non ci sono più persone, ma ruoli. In cui un tassista si trasforma in un nemico da abbattere. Perché? Come può succedere? «Lo sfogo di una rabbia - dice una cittadina che scrive al sindaco - verso decine di automobilisti irrispettosi, di una frustrazione per l'impotenza di fronte alla mancanza del rispetto delle regole». Eccole qui le parole semplici eppure così complesse: il «rispetto delle regole», quella considerazione che dovrebbe essere terribilmente ovvia e invece suona addirittura rivoluzionaria. Perché è solo da lì che si può ricominciare di fronte al vuoto lasciato da una vita che non c'è più per ricostruire una società in cui il rispetto dell'altro venga prima della fretta.
Risponde il sindaco Giuliano Pisapia. «Il quadro che lei rappresenta non trova conferma con i dati reali: tra il 2012 e il 2013 c'è stata una riduzione del 10% degli incidenti e ben del 33% di quelli con esiti mortali». Cifre indubbiamente vere. Ma a colpire è il fatto che sono stati 350 i casi di omissioni di soccorso e fuga dopo incidenti stradali. Trecentocinquanta che scappano di fronte a un ferito (o magari a un moribondo) che ha bisogno di aiuto. Ma che gente siamo? Che mondo stiamo diventando? Pisapia parla orgoglioso dei due milioni e 100mila multe (su 700mila auto) e delle nuove telecamere pronte a stangare gli automobilisti. Probabilmente inutile. Non è con i pochi euro di una contravvenzione che si convince un uomo a essere uomo. Il sindacato Cgil chiede più vigili per strada e forse hanno ragione.
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