Calmi, don’t panic, nessuna paura. Non è proprio il caso. Quello che avete porto un attimo fa all’edicolante, fissandolo a lungo negli occhi come per inviargli un muto e solenne «addio», al posto del solito sbiascicato «buongiorno», non sarà l’ultimo euro che avrete speso in questa giornata. Men che meno nella vostra vita. Cosa che quasi quasi spererete, se prima di salire sull’autobus avrete dato una masochistica occhiata a quanto stanno oggi le zucchine.
E anche quello che avete iniziato a scorrere, in equilibrio precario sull’autobus, dopo aver incrociato lo sguardo inquieto di altri che come voi sentono stringersi qualcosa, proprio lì dove non batte il sole, non sarà l’ultimo articolo che riuscirete a leggere. Vi dirò di più - questa sì è una minaccia - non sarà nemmeno l’ultimo articolo del sottoscritto che vi toccherà sorbirvi di qui fino almeno al giorno della pensione, «scivoli» o «scaloni» permettendo.
Insomma no, cari lettori, l’unico Big Bang in grado di distruggerci - oggi, come domani e mi sa tanto per lungo tempo a venire - non sarà quello provocato dallo scientifico autoscontro tra le particelle che proprio stamattina giocheranno a fare gli Schumacher nel tunnel circolare di 27 chilometri scavato sotto la linda e pinta città di Ginevra, quanto piuttosto la deflagrante «sentenza» quotidiana dei registratori di cassa al supermarket: «Fanno 135 euro. Contanti o Bancomat?».
Parimenti, i soli Buchi Neri saranno quelli, sempre più neri e sempre più profondi, che vedremo aprirsi nelle nostre tasche e nei disastrati conti dell’Alitalia. Questi ultimi, sul serio, in grado di inghiottire almeno il nostro Paese, se non proprio l’universo mondo.
Comunque, oggi non spariremo. Anzi, da quello che succederà nel ventre di Ginevra verremo a sapere molte più cose di quelle che ora conosciamo. Cose che potranno aiutarci a vivere meglio. E se non noi, vivranno meglio le future generazioni, quelle dei nostri figli e nipoti. Sentiamoci poi anche un po’ nazionalisticamente orgogliosi, pensando che alla realizzazione del più grande acceleratore di particelle al mondo, quello appunto del Cern ginevrino, hanno preso parte 600 scienziati italiani sugli 8000 complessivi.
Tifiamo una volta tanto più per loro che per la nostra nazionale di calcio impegnata proprio stasera contro la Georgia (tranquilli, la partita la vedrete, il Buco Nero non si ingoierà il decoder!), quello sì un martoriato Paese dove c’è un vero cattivo Big a fare dei pericolosi Bang. Tifiamo per questi nostri cervelli, molti dei quali giovanissimi, autentici campioni pur senza ingaggi oltraggiosi, né veline giulive al fianco. Fidiamoci di loro alla cieca, sulla carta, come stanno facendo del resto le persone illuminate, illuministe o semplicemente di buon senso in tutto mondo.
E se nessuno vorrà ammettere il fatto - lo farò io per tutti - di non sapere un’acca della materia, men che meno dell’origine della massa dell’universo, per non parlare della materia oscura o dell’esistenza di un qualcosa dal buffo nome di «Bosone di Higgs», diamo almeno retta a uno che ne sa più che qualcosa. Uno come il professor Antonino Zichichi, che dal suo invidiabile posto di osservazione a Erice si è speso ieri per tranquillizzare chi ancora nutra dubbi sulla pericolosità dell’esperimento. Nonché per mettere a tacere chi gufa - alcuni sparuti scienziati - più per invidia che per paura.
A parte il fatto inoppugnabile che la natura fa di peggio ogni giorno, «i livelli di temperatura che realizzeremo al Cern - ha detto Zichichi - sono un milione di miliardi di volte inferiori a quelli del Big Bang. Produrremo ghiaccioli e non il fuoco».Visto che lei è siciliano, professore, già che ci siamo non potremmo fare granite?
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