Alla fine il Padiglione Italia ha un curatore: Luca Zevi

Alla fine, dopo una lunghissima gestazione, si è arrivati a una scelta. L’incarico di curatore del Padiglione Italia della XIII edizione della Mostra Internazionale di Architettura organizzata dalla Fondazione Biennale di Venezia sarà affidato all’architetto Luca Zevi. Lo ha comunicato ieri con una nota il ministero per i Beni e le Attività culturali, spiegando che «a seguito delle idee progettuali presentate da dieci personalità del mondo dell’architettura... il ministro Lorenzo Ornaghi si è dichiarato convinto che Luca Zevi rappresenterà in modo innovativo e significativo il tema dell’architettura italiana contemporanea in rapporto allo sviluppo, alla sostenibilità ambientale e al rispetto del territorio». Nei prossimi giorni si terrà una conferenza stampa nella quale il nuovo curatore illustrerà il suo progetto. E in molti, a cominciare dal presidente della Biennale, Paolo Baratta, hanno tirato un sospiro di sollievo: la fase di scelta è stata lunghissima e piuttosto irrituale. Sui nomi a lungo non è circolata alcuna indiscrezione, e a molti è parso strano far lavorare dieci studi (gratis) per poi escluderne nove, mentre le altre nazioni da tempo avevano formalizzato la loro decisione. Così ora l’erede di Luca Molinari, a meno di 4 mesi dall’inaugurazione, dovrà per forza correre. Ha però un curriculum di tutto rispetto.
Luca Zevi, 62 anni, è figlio d’arte. È urbanista, architetto e critico, così come urbanista, architetto e critico era suo padre Bruno Zevi (sua madre Tullia è stata giornalista e presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane dal 1983 al 1998). Quella di Zevi nel mondo dell’architettura è una carriera lunga. Ha lavorato alla valorizzazione di alcuni centri storici italiani. Per quanto riguarda i suoi progetti, spiccano a Roma il Memoriale ai caduti del bombardamento di San Lorenzo del 1943 e le idee per il Museo Nazionale della Shoah. Per il ministero degli Esteri ha contribuito a progetti di sviluppo in Albania e El Salvador. Tra le sue pubblicazioni scientifiche spiccano il Manuale del Restauro Architettonico (2001) e il Nuovissimo Manuale dell’Architetto (2003). Non gli manca nemmeno l’attenzione al versante «ecologico».
In questo caso però Zevi, più prudente che innovativo, più critico che architetto, si troverà a dover lavorare con margini di tempo ristretti per non sfigurare (la Biennale apre il 25 agosto). Anche perché le aspettative sono alte. Nella Biennale di David Chipperfield, intitolata Common Ground proprio per sottolineare una visione dell’architettura come territorio condiviso, ci saranno le archistar di mezzo mondo... L’Italia non può avere un padiglione povero. Ecco le linee guida di Zevi: «L’idea è di affrontare i problemi del tempo che stiamo attraversando». Attenzione quindi sul Made in Italy, «per illustrare i grandi produttori italiani». Altro impegno del Padiglione firmato da Zevi, sarà quello di «affrontare in anticipo le tematiche annunciate per l’Expo di Milano 2015...

politiche urbanistiche che prendano atto che per aver una nuova crescita oggi ci vuole una maggiore sostenibilità...». Obiettivo portare in mostra «il pulviscolo di esperienze che ci sono in giro, quelle degli architetti ma anche quelle dei cittadini». È comunque conscio delle difficoltà: «vediamo come andrà, è una bella sfida».

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