Politica

La fine di Papa Luciani Il giallo dei malori sottovalutati da tutti

Già nel pomeriggio un episodio. Nessuno chiamò il medico

Andrea Tornielli

da Roma

Ventisette anni dopo quell’elezione sorprendente e rapidissima, quel pontificato durato appena un soffio e quella morte improvvisa ed enigmatica fanno ancora discutere. Emergono particolari che riaprono domande su quanto accaduto a Papa Giovanni Paolo I nelle ore precedenti la sua scomparsa. Ieri ricorreva l’anniversario dell’elezione di Albino Luciani, avvenuta il 26 agosto 1978, e sul sito Internet degli orionini (www.donorione.net), nella sezione «messaggi», è stato pubblicato un memoriale scritto cinque anni fa da don Diego Lorenzi, il segretario particolare di Papa Luciani, prete orionino.
Don Diego racconta che cosa avvenne la sera del 28 settembre 1978, quando si trovava a tavola con il Pontefice e con l’altro segretario, l’irlandese John Magee: «Dopo le udienze di quella giornata eravamo a tavola per la cena, e il Papa iniziò, già seduto, dicendo a noi due segretari: “Strano... sto sentendo delle fitte al petto... noto tuttavia che stanno riducendosi per intensità”. La mia sorpresa fu condivisa da mons. Magee che si premurò di dire: “C’è sempre un medico di guardia a disposizione, nulla costa convocarlo”».
Don Lorenzi aveva parlato per la prima volta delle fitte accusate da Papa Luciani nove anni dopo la sua scomparsa, il 2 ottobre 1987, durante la trasmissione televisiva «Giallo» condotta da Enzo Tortora, alla quale era presente anche lo scrittore inglese David Yallop, autore dello squalificato best-seller Nel nome di Dio che sostiene la tesi del complotto per assassinare Giovanni Paolo I. In quella occasione il sacerdote aveva detto davanti alle telecamere: «Alle 19.45 circa, il Papa si affacciò alla porta del suo studio e disse di avere accusato una fitta terribile, che però gli era già passata». Si tratta dello stesso episodio, che a distanza di anni il sacerdote colloca in una situazione diversa (seduto a tavola all’ora di cena o in piedi nel suo studio dopo l’udienza col cardinale Villot), oppure di due malori diversi?
Quello che è certo è che il racconto di don Diego viene integrato dalle parole di monsignor Magee, il quale, un anno dopo la rivelazione di don Lorenzi, in una lunga intervista al mensile 30Giorni e poi nel colloquio con il giornalista John Cornwell, autore del libro Un ladro nella notte, rivela che quello stesso pomeriggio Papa Luciani ebbe almeno altri due malori. Dopo un breve riposo pomeridiano, secondo il racconto del prelato oggi vescovo di Cloyne, in Irlanda, Papa Luciani disse: «Non mi sento molto bene... Non mi sento proprio...». Magee risponde: «Mi lasci chiamare il dottor Buzzonetti». «Oh, no, no, no...», rispose il Papa. «non è necessario chiamare il dottore. Farò un po’ di movimento per le stanze». Renato Buzzonetti, apprendiamo dal racconto del segretario irlandese del Papa, era stato già scelto come medico personale da Luciani. Dalle 14.30 alle 16.39 monsignor John Magee si allontanò dall’appartamento papale per andare a prendere dei libri. Al suo ritorno Giovanni Paolo I stava ancora camminando. Un’ora dopo (dunque circa alle 17.40), sentì il Papa tossire violentemente e si precipitò da lui: «Ho una fitta», disse Giovanni Paolo I. «Non sarebbe meglio se chiamassi il dottore?», insiste il segretario, «potrebbe essere una cosa grave». Luciani avrebbe però rifiutato, chiedendo a suor Vincenza Taffarel, la religiosa che l’accudiva (ed era anche infermiera) di portargli dei medicinali. Monsignor Magee racconta poi della cena e di una premonizione del Papa, che ai collaboratori disse: «Il ritiro che adesso vorrei fare è quello per una buona morte...». Ma non accenna a malori avvenuti all’inizio della cena, quando tutti erano seduti a tavola.
Incrociando le testimonianze rese in momenti diversi dai due segretari i malori del Papa sembrerebbero essere quattro, oppure tre se si considera uno solo l’episodio raccontato da don Diego Lorenzi. Perché con un Papa che prima dice di sentirsi male, poi avverte a più riprese delle fitte al petto nessuno dei due segretari si decise a chiamare un medico? «Fummo dissuasi dal farlo e – devo aggiungere per correttezza, quasi per scusa – che mai in passato, con lui, mi ero permesso di contraddirlo - scrive oggi don Diego Lorenzi -. La mia inesperienza, poi, di sintomi premonitori di problemi cardiaci legati a quelle fitte, giocò una parte notevole, nel proseguire della cena». Le testimonianze comunque non coincidono perfettamente, anche se la distanza dai fatti accaduti può aver ingannato la memoria.

Restano aperte alcune domande: Magee aveva informato don Lorenzi del primo malore del pomeriggio e poi di quella fitta? Resta pure da spiegare come mai, alle 21 di quella stessa sera, quando il dottor Antonio Da Ros - medico curante di Giovanni Paolo I a Vittorio Veneto e a Venezia - telefonò in Vaticano e parlò sia con suor Vincenza sia con lo stesso Pontefice, nessuno gli disse che Giovanni Paolo I aveva accusato quelle fitte al torace.

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