Fini annuncia la crisi E fa pure il paladino dell’«utopia socialista»

Milano«Che fai, mi cacci?» e l’indice puntato di Gianfranco Fini su Silvio Berlusconi. La t-shirt della linea dura, che ritrae la rottura finale in diretta tv alla direzione del Pdl di aprile, è in vendita all’ingresso del teatro milanese Derby, dove va in scena il comizio per aspiranti futuristi. È l’immagine del Fini kattivista, quello che davanti alle telecamere di Antenna Tre Nordest, prima di arrivare a Milano, minaccia la crisi e spiega anche su che cosa potrebbe cadere il governo: «Mi auguro che sul tema della giustizia non ci siano questioni insormontabili e che non ne scaturisca una crisi di governo, ma su alcune questioni che la riguardano questa possibilità c’è». Un’altra provocazione a Berlusconi: «Chi ha vinto le elezioni deve governare: a condizione di dimostrare di volerlo e di saperlo fare».
Sul palco si fa più buono, cita le romanticherie del Piccolo Principe, assicura di non avercela con Berlusconi e che non è una questione di persone ma di princìpi se dice che «la legge è uguale per tutti, piaccia o no» e che il lodo Alfano non può essere reiterato, «non siamo contro nessuno, ma per una certa idea dell’Italia». Sostiene: «Non era mia intenzione fare l’ennesimo partito, ma non pensavamo di essere espulsi dalla sera alla mattina dal partito dell’amore».
Uscito dal Pdl, apre anche ai comunisti. Lancia un invito che potrebbe essere raccolto dagli orfani di falce e martello: «Ci rivolgiamo a tutti, non alziamo steccati pregiudiziali, nemmeno verso chi in passato ha creduto nell’utopia socialista». Insomma, braccia aperte a coloro che ai tempi di Faccetta nera cantavano Bandiera rossa. I nemici dell’oggi sono identificati così: «Non ci rivolgiamo solo a due categorie italiane: i parassiti e i delinquenti, costoro non si sentiranno lisciare il pelo».
La sala è piccola e si riempie in fretta, la gente si assiepa dietro le transenne fuori. Fini avrebbe voluto avere Gabriele Albertini sul palco, per lanciare Fli con l’ex sindaco di Milano ma è andata tutto in un altro modo e può presentare al pubblico solo due fuoriusciti dal Pdl: il presidente del consiglio comunale di Milano, Manfredi Palmeri, e l’ex assessore Tiziana Maiolo.
Circolano altri politici in cerca d’autore, tra cui due ex assessori sostituiti da Letizia Moratti: Edoardo Croci, cacciato dall’incarico al Traffico, e Paolo Massari, espulso dalla giunta dopo un incidente diplomatico a base di (presunte) avances sessuali. «Mi ha invitato Fini» spiega mentre si infila nella calca. C’è anche Silvia Ferretto, ex moglie del vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, bocciata alla prova elettorale delle regionali con l’Udc.
In prima fila Mirko Tremaglia, vecchia gloria del Msi, accolto tra gli applausi insieme allo storico fascista Tommaso Staiti di Cuddia. «Futuro e libertà non è Alleanza nazionale in sedicesimo» osserva Fini, illuminato da due fari azzurri che gli gettano luce dall’alto. La scenografia è povera e il fondale nero, nerissimo, forse un estremo tentativo degli organizzatori di compiacere gli elettori della destra più a destra, quelli per cui lui ripete come un mantra la parola «nazione» che è la «stella polare».
Propone una legge contro la corruzione che escluda dalle liste elettorali chi è stato condannato in terzo grado per reati contro la pubblica amministrazione («magari non l’abuso d’ufficio»). Protesta: «In questo Paese se fai fino in fondo il tuo dovere e paghi fino all’ultimo di tasse sei considerato un povero fesso». Poi lancia la modifica della legge elettorale, ma non è chiaro che cosa abbia in mente e per quale progetto il partito raccolga le firme sul banchetto all’uscita dal cinema: «Vogliamo ridare ai cittadini la possibilità di scegliere chi li rappresenta, ma non con le preferenze, perché hanno fatto aumentare troppo i costi della campagna elettorale e aiutato la criminalità organizzata».


Sorpresa per chi si aspettava un partito con una struttura solida, dopo le molte proteste sulla scarsa democrazia interna del Popolo della libertà: «Ci organizziamo in modo fluido, senza gerarchie definite. Futuro e libertà sarà un arcipelago con tanti movimenti e associazioni». E sembra quasi che parli del tanto contestato Pdl.

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