Il problema è che negli Stati Uniti, Gianfranco Fini non potrebbe mai essere speaker della Camera. Problema perché è questo quello che ha suggerito Generazione Italia, l’associazione che interpreta pensieri e parole dello stesso Fini, tanto da essere direttamente riconducibile a lui: «Guardiamo sempre agli Stati Uniti, giustamente, come Nazione guida in fatto di democrazia e libertà. Dall’altra sponda dell’Atlantico potrebbe arrivare il modello per coniugare, anche in Italia, il ruolo di Presidente della Camera con quello di politico impegnato attivamente nel dibattito interno. L’italoamericana Pelosi svolge un ruolo politico attivissimo. Ha un rapporto dialettico con il presidente democratico, come dimostrato nel recente dibattito sulla riforma sanitaria». Fini come la signora Nancy è un’equazione che non torna. Non può tornare. Generazione Italia dice che si possono cambiare usi e costumi. Cioè una specie di golpe parademocratico che stravolge qualche decennio di storia. Perché per consuetudine in Italia il presidente della Camera è un’istituzione super partes, tanto che Fini non ha partecipato ai comizi delle regionali. Di più: ha rivendicato questo suo ruolo al di sopra di schieramenti e posizioni. Oggi lo rinnega e non per la maggioranza, ma per se stesso: per giocare una partita che finora aveva solo voluto guardare. Perché se imitasse lady Pelosi diventerebbe automaticamente partigiano: sempre per consuetudine, anche se non per Costituzione, lo speaker della Camera è dichiaratamente schierato. È equiparabile al capogruppo: decide strategie in aula del partito, orienta decisioni, striglia i deputati che non votano come indicato, se è necessario addirittura vota le leggi. È di parte, insomma. Ecco: paragonarsi a quel ruolo significa stravolgere l’ordinamento politico del nostro Paese. Come se fosse una riforma costituzionale fatta e finita prima che il Parlamento discuta e decida: a questo punto allora anche il presidenzialismo lo possiamo introdurre così, no? Uno si sveglia la mattina e decide che unisce poteri del premier e del capo dello Stato. E poi: si può cominciare a essere di parte a legislatura cominciata? E, soprattutto, da che parte sta il presidente della Camera? Perché dire che Nancy Pelosi dialoga, dibatte, ragiona col presidente è una mistificazione della realtà. Lo speaker della House americana è per definizione quello che incarna il prototipo del partito che rappresenta: così Pelosi è molto più a sinistra di Obama. Lei incarna sentimenti, idee, programmi della stragrande maggioranza dei democratici in Congresso: sui temi etici è la campionessa dell’ortodossia liberal, quindi è a favore del diritto di aborto e a favore dei matrimoni gay, era contro la guerra in Irak. In America è il presidente a potersi permettere di essere più bipartisan: lui deve governare e per farlo deve anche ogni tanto strizzare l’occhio all’opposizione. La speaker della Camera no. Così durante le trattative per il voto della riforma sanitaria, lei ha fatto di tutto per portare i voti al presidente. Ha giocato sporco, quando è stato necessario, per fedeltà al partito, per spirito di corpo, per senso di appartenenza. È andata a cercare i voti uno a uno. Lo speaker della Camera non dibatte per niente: fa in modo che vengano rispettati i programmi e le promesse fatte dal suo schieramento agli elettori. Se un giorno Obama decidesse di andare a fare la guerra all’Iran e andasse a chiedere al Congresso il voto per il finanziamento della missione, Pelosi non potrebbe votare contro: che dice il partito? Che cosa pensano i deputati? La maggioranza è a favore dell’intervento? Allora andrebbe a raccattare i voti per dare il sì alla legge. Se fosse contraria si dovrebbe dimettere. Non c’è alternativa, non c’è dialettica: c’è che ognuno fa il suo mestiere. Nella testa e nella mente degli americani, lo speaker della Camera è il principale alleato della Casa Bianca quando il Congresso è a maggioranza dello stesso partito del presidente. Se la maggioranza è dello schieramento opposto, allora è il principale oppositore. Non ci sono alternative, non ci sono visioni diverse. Tanto è vero che per eleggere lo speaker, i congressmen Usa se ne fregano del voto dell’opposizione. Lo si nomina a maggioranza, punto. Non serve altro accordo se non quello interno al partito che domina il Congresso: significa che l’eletto deve essere l’uomo o la donna preferiti dai deputati.
Allora anche se in Italia cambiasse il ruolo del presidente della Camera, come farebbe Fini? Generazione Italia gli vuole assegnare un ruolo che non può avere, così oltre a Nancy Pelosi lo paragona a Newt Gingrich, lo speaker della House ai tempi di Clinton: lui repubblicano e il presidente democratico. Gingrich aveva un ruolo politico, certo. Quello dell’oppositore: non voleva né dialogare, né dibattere, voleva far perdere Clinton. Un avversario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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