RomaTorna alla carica, il presidente della Camera, e ai suoi fa sapere che «i tempi per lincontro con Berlusconi sono maturi», e che, vista la complicata situazione che investe anche i vertici del partito, «deve essere prima dellestate, e non certo per prendere un caffè insieme».
Gianfranco Fini, forte di quella che ritiene una «vittoria totale» nel braccio di ferro sul ddl intercettazioni, torna insomma a sollecitare un vertice tra i due cofondatori del Pdl. Non certo «per mandarci a quel paese», ma per trovare un «modus vivendi» che tenga conto della necessità di rimettere mano anche agli assetti del partito. Da Berlusconi, si assicura, Fini non andrà certo «a chiedere la testa di nessuno». Ma lattuale gruppo di comando Pdl «è tutto contro Fini», come fanno notare i fedelissimi del presidente della Camera; mentre il bombardamento giudiziario contro Denis Verdini rende «inevitabile» un ricambio.
Torna a circolare lipotesi di un vice-coordinatore targato Fini, e il nome che ricorre più spesso è quello di Silvano Moffa, «anche perché sta simpatico al Cavaliere», si spiega, e inoltre potrebbe liberare il posto di presidente della commissione Lavoro.
Nel frattempo, prima che la riserva sullincontro venga sciolta, cè da chiudere la partita delle intercettazioni. Ieri Fini non ha usato toni trionfalistici, anzi ha premesso di volerne parlarne «in modo felpato». Ma durante la consueta cerimonia del Ventaglio che si svolge a inizio estate a Montecitorio, il presidente della Camera ha rivendicato il ruolo del Parlamento, che «anche discutendo in modo aspro ma approfondito» riesce a «correggere impostazioni iniziali che si rivelano sbagliate», e quindi a migliorare le iniziative del governo. Insomma, secondo Fini gli emendamenti introdotti su sua spinta «sono profondamente innovativi e hanno segnato una pagina importante per chi crede che la politica possa trovare sintesi». Quanto ai tempi di approvazione, il presidente ieri era possibilista: «Si lavorerà la prima settimana di agosto», e il tempo per avviare liter del ddl in aula cè: il 29 luglio partirà la discussione generale, poi ci sarà il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità e «se saranno respinte si passerà allesame degli articoli». Al ministro Alfano, che auspica un via libera entro lestate, Fini risponde con un malizioso: «Lestate finisce il 21 settembre...». Lo slittamento a dopo la pausa estiva è dunque probabile, tanto più che nei prossimi giorni sono in arrivo dal Senato sia la manovra che due decreti in scadenza.
In realtà, il ddl nella sua attuale formulazione (pubblicamente sconfessata da Berlusconi) sarà strenuamente difeso dai finiani: «Noi saremo schierati come un sol uomo su questo testo, ora e dopo lestate. I problemi verranno dai berluscones, che tenteranno di cambiarlo e magari alla fine preferiranno affossarlo», si spiega.
Un segnale di appeasement, sia pur molto velato, Fini lo ha comunque mandato durante la conferenza stampa di ieri, quando ha sottolineato di non voler rispondere - riaprendo fronti polemici - alle domande su come e quanto durerà la convivenza con Berlusconi. In camera caritatis, cè chi spiega che in verità il presidente della Camera è preoccupato dalle possibili future mosse del Cavaliere: «Si sa che quando lo stringono dassedio Berlusconi è capace di scarti imprevisti che prendono tutti di sorpresa», ragiona un «pontiere» Pdl, «e Gianfranco non vuole trovarsi impreparato davanti a un improvviso rovesciamento del tavolo». Dunque, cautela.
Fini alla carica, entro lestate faccia a faccia con Berlusconi
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