Fini chiede la testa di Silvio, il Pdl: dimettiti tu

RomaPuò un presidente della Camera, terza carica dello Stato, rompere il suo riserbo istituzionale per chiedere a gran voce le dimissioni del presidente del Consiglio, accusandolo di dire «bugie» e di aver «infangato» l’Italia?
Non può, replica in massa il Pdl, che ieri ha scatenato la controffensiva contro Gianfranco Fini e i suoi attacchi a Berlusconi: è lui che si deve dimettere, perché è venuto meno ai doveri della sua carica, è il leit motiv.
Intervistato dal Corriere Adriatico, il leader di Futuro e Libertà ha detto di «condividere» («ovviamente», ha aggiunto) le dichiarazioni degli esponenti del suo partito che stanno chiedendo un passo indietro al premier. E ha bollato come «concezione patrimoniale e para-feudale della politica» quella rappresentata dal Pdl. Il primo a replicargli è il ministro della Giustizia, Angelino Alfano: «Fini dice che Berlusconi non si dimette, non dimettendosi però a sua volta». Ma tra i due «c’è una piccola differenza: Berlusconi è indicato da milioni di cittadini, Fini è stato eletto in parlamento da un’area di maggioranza che ora lui attacca e rispetto alla quale lui oggi è all’opposizione. Credo - conclude Alfano - che Berlusconi sia nel giusto». Drastico il capo dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto: il presidente della Camera, con i suoi ultimi interventi a gamba tesa, dimostra «di non essere affatto super partes e di conseguenza deve essere lui a dimettersi e a condurre a viso aperto la sua battaglia politica, senza godere di una posizione istituzionale super partes». Poi Cicchitto denuncia l’obiettivo finale delle manovre per disarcionare il premier sull’onda del caso Ruby: «A compimento dell’operazione mediatico-giudiziaria c’è chi comincia a riproporre il governo tecnico e di responsabilità, al quale accenna anche Veltroni. Ma non si capisce - conclude - come sia possibile fare un governo contro il Pdl e la Lega». Uno stop a quel gossip politico che incalza, assicurando che dentro il Pdl si starebbe aprendo una faglia, e che persino Gianni Letta starebbe prendendo le distanze dal Cavaliere. Ultimo ieri Dagospia, che già vedeva all’orizzonte spuntare un «governo Letta-Tremonti».
In difesa di Fini, batte un colpo il suo alleato di Terzo Polo Pier Ferdinando Casini. Berlusconi accusa il presidente della Camera di «disegni eversivi»? «Basta con l’alterazione della realtà - ribatte il leader Udc - quello di Berlusconi è stato un autogolpe, è stato lui a cacciarlo dal Pdl».
Ma il tambureggiamento del centrodestra sulle dimissioni di Fini continua, e per la prossima settimana si annunciano anche sit in e manifestazioni davanti alla Camera dei deputati per cacciare «l’abusivo di Montecitorio». Per il portavoce del Pdl Daniele Capezzone, «la cosa certa è che sta utilizzando la sua carica per condurre una polemica di parte, sottraendosi ai doveri di imparzialità a cui sarebbe tenuto. Ciò è inammissibile». E il ministro Bondi rincara la dose: «In un Paese normale Fini si sarebbe dimesso un secondo dopo aver costituito un nuovo gruppo parlamentare e un nuovo partito, per rispetto nei confronti dei cittadini e del Parlamento».


Dal fronte finiano scende in campo il capogruppo Italo Bocchino: «Chiedere le dimissioni di Fini mentre la stampa nazionale e internazionale si occupa del Bunga Bunga di Berlusconi è da incoscienti», dichiara lapidario. Mentre Adolfo Urso difende il «diritto-dovere» d’intervento del presidente della Camera «perché occorre salvaguardare l’immagine dell’Italia nel mondo e la dignità delle istituzioni».

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