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Fini: "E' immorale respingere i clandestini"

Il presidente della Camera a El Mundo: "Un rigoroso controllo nazionale per la sussistenza dei requisiti per chiedere asilo deve esserci". E rilancia: "Investire oggi su politiche per l’immigrazione significa avere un vantaggio domani rispetto a quella che si annuncia come un'invasione"

Fini: "E' immorale respingere i clandestini"

Madrid - "Un rigoroso controllo nazionale per la sussistenza dei requisiti per chiedere asilo deve esserci, tuttavia sarebbe immorale dire subito 'sei clandestino e ti rimando al tuo paese'. In alcuni casi, questa sarebbe una condanna a morte per quelle persone". È questo il punto di vista sulle politiche di controllo dell’immigrazione clandestina che Gianfranco Fini consegna ai giornalisti di El Mundo nel corso del forum nella sede del quotidiano spagnolo. Il presidente della Camera dedica una ampia riflessione al tema e ribadisce tra l’altro che: "investire oggi su politiche per l’immigrazione significa avere un vantaggio domani rispetto a quella che si annuncia come una invasione biblica".

Il rimpatrio dei clandestini "Sarebbe immorale dire subito 'sei clandestino, ti rimando al tuo paesè. Sarebbe come condannare una persona a morte". Il presidente della Camera torna a fare il punto sul tema dell’immigrazione sottolineando la necessità di effettuare "un rigoroso controllo nazionale" sugli immigrati che arrivano in Italia per verificare "la sussistenza dei requisiti per chiedere asilo politico". "E' assolutamente indispensabile - ammonisce Fini - distinguere chi chiede asilo politico: i rifugiati non possono essere automaticamente equiparati ai clandestini. L’equiparazione automatica farebbe meno la dignità della persona umana". A questo proposito il presidente della Camera ha citato anche il caso di alcune norme contenute inizialmente nel ddl sicurezza all’esame del Senato che obbligavano i medici a denunciare i clandestini: "E' necessario distinguere tra immigrazione regolare e clandestina. Tuttavia anche per gli irregolari vale il principio base della nostra cultura, prima sono uomini e poi immigrati. Non è accettabile che venga messa in secondo piano la dignità della persona rispetto alla condizione di legalità o meno del proprio status".

Invasione biblica Il presidente della Camera invita il governo ad "investire oggi sulle politiche per l’immigrazione perché significa avere un vantaggio domani rispetto a quella che si annuncia come una invasione biblica". Nel corso del forum al quotidiano spagnolo, Fini ha sottolineato come "nelle nostre case è impensabile trovare un italiano che assista un anziano o che lavori come cameriera. Questo è un fatto oggettivo che rende indispensabile una politica di immigrazione che si basi su due pilastri: aiutare i Paesi di partenza a progredire e cercare di assorbire con parità di diritti e doveri tutti quegli stranieri disponibili o costretti a lasciare la propria patria e di cui abbiamo drammaticamente bisogno. È anche nel nostro interesse".

Il rapporto con Berlusconi Fini ha poi ripercorso la sua carriera politica degli ultimi quindici anni, profondamente legata al premier Silvio Berlusconi, individua nella prima alleanza con il Cavaliere il momento in cui "è cambiata la storia italiana" e in cui "si è passati da una democrazia bloccata a una democrazia dell’alternanza". La riflessione della terza carica dello Stato parte da una domanda degli spagnoli su come sarà l’Italia dopo Berlusconi: "E' impossibile dirlo", è la risposta del presidente della Camera. "Io sono lieto che l’Italia sia uscita da una democrazia bloccata entrando nella democrazia dell’alternanza. Dal ’94 ad oggi, pur con molti momenti critici, Berlusconi e io abbiamo camminato sulla stessa strada, anche se con valutazioni diverse. Questo perché nel ’93 ci fu la riforma epocale dell’elezione diretta dei sindaci". Fini ricorda che in quell’occasione "a Roma la Dc candidò un prefetto al Campidoglio, la sinistra Rutelli e io mi candidai da segretario di un partito che aveva il 4-5%. Arrivai al ballottaggio con Rutelli e Berlusconi, che allora era solo un imprenditore, disse che a Roma avrebbe votato per me. Io persi con il 47 per cento, ma da lì è cambiata la storia italiana". "Anche i critici più severi di Berlusconi - conclude Fini - gli riconoscono l’intuizione di aver favorito in Italia la nascita di un sistema bipolare che ha cambiato tutto rispetto al passato.

In questo modo siamo diventati tutti più europei".

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