Fini e l’abbraccio di Roma: «Stavolta conquistiamo il Paese e il Campidoglio»

Fini e l’abbraccio di Roma: «Stavolta conquistiamo il Paese e il Campidoglio»

da Roma

«Daje, che stavorta je la famo!» lo incita un fruttivendolo che sta pesando le puntarelle a una bella signora. Lui sorride e va a stringergli la mano, poi torna a camminare tra i banchi e una madre di famiglia lo saluta senza alcun timore reverenziale: «Come va?». «Bene», risponde lui, «e spero che vada bene domenica». Una vecchina lo squadra con occhi allegri: «Io me te ricordo da regazzino, quanno venivi qui a tira’ i sassi!». «Signora, mi confonde con qualcun altro: io i sassi non li ho mai lanciati», si giustifica lui che oltretutto da ragazzo frequentava altre zone, Monteverde, Piazza Bologna. «Sì, sì, me te ricordo bene», insiste lei ridendo, «però te voto lo stesso».
Mattinata elettorale di Gianfranco Fini, ieri, al mercato rionale di Piazza Epiro, nel popolare quartiere di San Giovanni. Il presidente di An è accompagnato da Domenico Gramazio, senatore uscente e rientrante, dal figlio di questi Luca che si ricandida al consiglio comunale, dal candidato a quello provinciale Bruno Murzilli e dal consigliere regionale Tommaso Luzzi, delegato da Gramazio ad occuparsi della Sanità laziale. Dalle nuvole ormai stanche di pioggia s’affaccia il sole, il gruppetto si muove calmo e tranquillo tra la gente. Donne e commercianti, così son fatti i romani, lo trattano amabilmente, come uno di loro. Alcuni sfoderano il telefonino e chiedono una foto con lui. Si direbbe che non ci siano tifosi di Veltroni e Rutelli. Gli parlano dei problemi familiari e di quelli della città, dando per scontata la conquista del governo e come fosse in lizza il solo Campidoglio. Fini si rincuora: «Il 14 sera Alemanno sarà al ballottaggio e Rutelli andrà a chiedere appoggio a Baccini. Ci sarà da ridere, dopo aver vinto le politiche. Avremo 15 giorni di grande impegno, ma questa volta possiamo conquistare Campidoglio e Provincia».
Il secondo appuntamento è al comando del IX gruppo dei vigili urbani, in un edificio fatiscente che s’affaccia sui campi. I 240 pizzardoni, guidati dal loro comandante, lo hanno letteralmente occupato nove anni fa, essendo una scuola dismessa ma più «accogliente» della sede dove stavano affastellati. Rutelli e Veltroni avevano promesso di rimettere in sesto i «nuovi» uffici, ma la realtà è che qui non ci arriva nemmeno un autobus per chi voglia contestare una multa. «Eravamo venuti qui nel 2001», racconta Fini mentre i vigili che lo attorniano sorridono, «ci avevano detto che avrebbero sistemato l’edificio, ma vedo che è rimasto tale e quale». Sulla porta di un ufficio c’è la foto di Totò che incita «vota e fai votare Antonio La Trippa candidato premier». Fini sorride: «Liberiamoci di Veltroni e Rutelli». Anche qui, par che tutti non vedano l’ora di votare Pdl.
È un mercoledì lungo e gravoso, lo attendono due comizi pomeridiani fuori Roma, il gazebo con Alemanno a Piazza del Popolo, ma l’appuntamento più intenso è al San Giovanni, il secondo ospedale romano, con un pronto soccorso ove giungono 65mila persone all’anno. Lo accoglie il direttore dell’ospedale, Passafarro. C’è pure il rabbino capo di Roma, Di Segni, in camice bianco perché primario di radiologia. In corsia s’apre un mini dibattito sulla Sanità, coi medici che lamentano disfunzioni e carenze, Gramazio che saluta tutti, anche i portantini, come vecchi amici, e Fini che spiega: «La politica deve occuparsi del piano sanitario nazionale, non della gestione. La gestione non è roba nostra, dev’essere lasciata ai tecnici». Magari, fanno quelli. «Non sarà facile, perché le resistenze sono enormi», ribatte lui, «ma bisogna cambiare la legge».
Una donna in attesa di ritirare delle analisi lo saluta, «in bocca al lupo» le augura lui, «anche a lei» ricambia la donna. «Stavorta semo più forti de prima», gli grida un portantino. «Come farò a votare?», lo abbraccia e lo accarezza un’anziana con la gamba appena fratturata. Fini si commuove e confida: «Questo, vale più di dieci sondaggi. Avessi qualche dubbio su come andranno le elezioni, tanto slancio lo fa dissipare».

Avanza d’impeto un’altra donna, raggiante e piangente a ricoprirlo di baci: «Onorevole che bello! Ho mio marito in sala operatoria, ma ora che l’ho incontrata sono sicura che andrà tutto bene!». Fini ammicca al cronista: «Visto? Anche io faccio i miracoli, mica solo Berlusconi».

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