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Fini ha paura delle elezioni: «Prenderei lo 0,1% dei voti...»

RomaSorride, dall’inizio alla fine. Non si batte il petto per l’indice roteato in faccia al Cavaliere. E punzecchia sul «documento finale» della direzione del Pdl - nel complesso «una delle pagine più belle» - che «sembrava fatto apposta per contare gli eretici». Ma neppure si sbraccia verso il precipizio. Sembra quindi ponderare a dovere il peso delle parole, tutto sommato prudenti. Di certo è a suo agio, Gianfranco Fini, nello studio di Lucia Annunziata, prima tappa dell’attesa maratona tv. Così, se da una parte rispolvera i noti distinguo (verifica dei costi reali del federalismo e no ai Pm sotto l’esecutivo), dall’altra definisce «irresponsabile» ipotizzare un ritorno alle urne: «Gli italiani non capirebbero, abbiamo davanti tre anni per fare le riforme». Rinnova poi «lealtà agli elettori e al governo» - da non scambiare con «acquiescenza verso eventuali decisioni che, solo se discusse e motivate, saranno rispettate» - e fissa chiaro il paletto dell’unica leadership riconosciuta, in mano al Cavaliere.
Per capirci, Fini assicura di voler lavorare con il Pdl, e non contro, ripetendo di non avere in testa nuovi partiti né gruppi autonomi. Ma quanto vale potenzialmente il suo bacino di voti, su cui impazzano i sondaggi? «Lo 0,1%», replica un po’ beffardo, anche quando dice che «la credibilità è un conto, i voti un altro». Ma forse per questo, si commenta nel Pdl, teme la minaccia di nuove elezioni. Chissà.
Fini fa comunque sapere di essere sereno («Ho fatto ciò che dovevo anche come punto riferimento di quella destra moderna che non ha la bava alla bocca e cerca di dialogare»). E di non essersi pentito di aver fatto il Pdl, che intende anzi aiutare. Se vogliamo dirla tutta, «non mi sono pentito neppure di aver alzato il dito contro Berlusconi nel corso della direzione - afferma a In 1/2 Ora -. E credo che lo stesso premier si sia accorto di aver detto una cosa che non potrà mai rispondere al vero: cioè che il presidente della Camera si dimetta perché esprime le sue opinioni all’interno del suo partito, anche se dissenzienti rispetto alle sue, leader riconosciuto anche da me». Semmai, «sono pronto a discuterne se mi dimostrano che vengo meno ai miei doveri sul rispetto del regolamento parlamentare».
Fini ribadisce di aver «sollevato problemi squisitamente politici», dato che «con Berlusconi non c’è una questione personale». E intende «sgombrare il campo da un equivoco». Ovvero: «Non ho alcuna intenzione di fondare altri partiti, ma di continuare a discutere dentro il Pdl», magari «attraverso il congresso», tra sei mesi o un anno «conta poco». Di conseguenza, «non ci saranno imboscate» da parte della minoranza, ma «saremo leali e faremo la nostra parte perché il programma venga rispettato».
Se ci saranno invece epurazioni interne, rimarca, «dipenderà da Berlusconi», ma «abbiamo messo in conto anche questo e chi oggi mi sostiene non lo fa certo per interesse». Ma «non credo - aggiunge - che la maggioranza ampia del Pdl reputi intelligente fare la lista degli epurandi, perché c’è poco di liberale». Sulla possibilità che Italo Bocchino rimetta il mandato, si chiede: «Ma davvero bisogna che il vicario del gruppo Pdl alla Camera metta la sua testa? E per che cosa?». E Giulia Bongiorno? «Ha fatto e fa delle belle battaglie per garantire una riforma della giustizia com’è nel programma, in modo che non sia tale da dare solo l’impressione di allargare sacche di impunità».
Si vedrà. Ma «chi oggi parla di elezioni anticipate è un irresponsabile», rintuzza Fini, che prosegue: «Conosco Berlusconi e Bossi - che incontrerò se vorrà nei prossimi giorni - e so che entrambi sono coscienti che le elezioni in questo momento sono il fallimento dell’attuale maggioranza, esponendo poi il Paese a una condizione di assoluta instabilità, con il rischio enorme di finire come la Grecia».
Capitolo riforme. Fini plaude al «senso di responsabilità» del Cavaliere, che ieri, nel messaggio per la Festa della Liberazione, «ha fatto un discorso alto e nobile», rinnovando la necessità di ricercare un ampio consenso parlamentare. Sul versante giustizia, infine, ribadisce: «Considero la magistratura baluardo per la sicurezza del cittadino e la legalità» e «non dirò mai che i magistrati sono un cancro o nemici delle istituzioni».

Anche se, «in alcuni settori la magistratura è iperpoliticizzata e ha concorso alla criminalizzazione di Berlusconi».

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