Roma - La «campagna di Russia» di «Napoleone» Fini è finita molto male. E ora non solo il premier Berlusconi, il Pdl e la Lega gli chiedono un gesto di dignità finale rinunciando al proprio incarico istituzionale come si converrebbe, ma anche gli alleati più fedeli. Il problema è che Gianfranco Fini alle dimissioni non vuol pensare e lo ha già fatto presente tramite il proprio portavoce martedì scorso. Anzi, sta meditando una personale revanche contro il nemico, il Cavaliere. E quale migliore occasione della mozione di sfiducia contro una delle personalità politiche più vicine al presidente del Consiglio nonché coordinatore del Pdl, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi? La vendetta è un piatto che si consuma freddo, ma l’inquilino numero uno di Montecitorio non si è peritato di attendere il momento opportuno per rendere la pariglia a Berlusconi. Adirato per la figuraccia in diretta tv, avvelenato dalle defezioni degli esponenti più moderati di Fli, Fini ha preannunciato il «Vietnam»parlamentare. Ieri l’ house organ di fiducia, Il Secolo , titolava in prima pagina «Ora mani libere anche su Bondi». E in un colloquio con Repubblica s’è lasciato sfuggire: «Che si fa sulla sfiducia a Bondi? Come fa il ministro per i Beni culturali a rimanere al suo posto?». Analoghi sabotaggi si prevedono per la mozione di sfiducia al ministro Calderoli e su quella relativa al pluralismo dell’informazione in Rai. Un mobbing bello e buono nei confronti della maggioranza e del Pdl del quale i finiani facevano parte, ma soprattutto una stilettata al ministro dei Beni culturali, messo in croce per i crolli di Pompei e vittima sacrificale designata per placare l’ira finiana. È lo stesso Bondi che scrive al Colle per tutelarsi: «Se l’indiscrezione di stampa fosse confermata, ci troveremmo di fronte al venir meno, in maniera plateale, del ruolo di garanzia istituzionale del presidente della Camera e ad una abnorme commistionetra imparzialità del presidente della Camera e leadership di un gruppo parlamentare». L’appello a Giorgio Napolitano è una grana da disinnescare: «Le chiedo, come supremo garante delle regole fondamentali della Costituzione, di intervenire per ristabilire il rispetto dei diversi ruoli istituzionali ». Il portavoce di Fini corre ai ripari emana un comunicato di smentita, che però conferma doppiamente gli intenti vendicativi. «La mozione di sfiducia - si legge nella notaè già da tempo nel calendario dei lavori della Camera. L’orientamento di voto è rimesso alle valutazioni dei singoli gruppi parlamentari». Come se non bastasse, ieri pomeriggio alla nascita della holding centrista «Polo della Nazione», dopo aver promesso «l’opa sul centrodestra », Fini si è attovagliato da comprimario assieme a Rutelli, Tanoni e Pistorio ( in rappresentanza dell’assente Lombardo) alla nascita della creatura voluta da Pier Ferdinando Casini. Senza contare che il «falco» Briguglio ha lasciato il Copasir perché ormai all’opposizione. E alla marginalità politica, sancita dall’incapacità di tenere assieme un gruppo parlamentare, si aggiunge anche la «chiamata alle armi»: basta con le comodità di Montecitorio, servono mazzolatori antiberlusconiani per rimpolpare le truppe. «Fini dovrà dimettersi dalla presidenza della Camera, per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva», ha tuonato ieri il direttore di Repubblica , Ezio Mauro, arruolando l’ex-missino tra i sinceri democratici e sottolineando che la guerra bisognerà «farla probabilmente dal centro - in una posizione che fa comodo anche al Pd - visto che a destra l’eredità post-berlusconiana gli è preclusa». E se quelle parole sono dettate pure dalla necessità di evidenziare che la sinistra-centro ha bisogno di una ruota di scorta per proseguire la marcia, molto più sincere appaiono quelle di due ideologi finiani. Per la politologa Sofia Ventura, Fini dovrebbe dimettersi «per liberarsi da una carica che sta diventando un problema» anche perché i sondaggi sono sfavorevoli e perché «la crisi non andava aperta».
Quest’ultima osservazione gli è stata mossa dall’ormai sempre più distaccato Alessandro Campi che sul Riformista gli ha suggerito di metter da parte i toni aggressivi e insultanti alla Bocchino e di «tornare a far politica». Consiglio rispedito al mittente perché la prima mossa dopo la sconfitta non è stata la politica ma la vendetta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.