da Milano
Gli striscioni ideologizzati in curva, i club di tifosi in Aula. Gli scranni più comodi delle panchine e i portaborse meno atletici dei portaborracce. Calcio e politica convivono nella Legislatura più pallonara della storia, dove tra i banchi di maggioranza e opposizione votano e scendono in campo due squadre di parlamentari-calciatori. Questione di omonimia, ma per una volta il partito conta meno della partita. Quale? Quella tra Camera e Senato che ci siamo divertiti a immaginare.
Occorre una divisa, che giocare in cravatta e gessato non si può. Deputati in maglia Granata (Benedetto, Pdl): giovani e vigorosi come torelli. I senatori invece tendono per età alla canizie, per cui il colore sociale sarà il Bianco, nella fattispecie Enzo del Pd. Bisogna scegliere allenatori e presidenti: a Montecitorio il patron è Tommaso Foti (Pdl), ombra del numero uno della Reggina Lillo; in panchina De Biasi. Non il Gianni del Torino, ma la democratica Emilia: il dialogo assicurato. A Palazzo Madama invece comanda Mario Mantovani, chiamato a rinverdire i fasti di Paolo, presidente della Samp di Vialli e Mancini; allenatore Massimo Baldini (Pdl), più pacato dellomonimo Silvio, ex Catania che prese a calci un collega. Manco fosse caduto un governo...
Si può cominciare. Tra i pali la Camera punta su Marina Sereni (Pd), «gemella» del portiere del Toro. Porta gli occhiali, ma non lascia passare né palloni né proposte di legge: saracinesca. Difesa a tre, tutta gente tosta. Ferrari (Pierangelo, Pd), che al romanista Matteo invidia solo la Yespica; Bruno (Donato, Pdl), cattivissimo come il mitico Pasquale di Juve e Torino; infine Giovanna Negro, leghista a dispetto del cognome che condivide con lex laziale Paolo. I deputati però sono forti in centro. E non per merito della Dc. Conte (Gianfranco, Pdl) ha più capelli dellex juventino Antonio; Aldo Di Biagio (Pdl) tira i rigori meglio dellex interista Luigi, che demolì la traversa ai mondiali di Francia 98; Angelo Lombardo, unico dellMpa, corre come il calvissimo Attilio di Samp, Juve e Lazio; e ancora Vincenzo Taddei, che folleggia nel centrodestra come il brasiliano della Roma Rodrigo. Infine il capitano, luomo della presidenza Gianfranco Fini: uno che ha fatto carriera agli Esteri, mica come Michele, disperso tra Ascoli e Cagliari. Lattacco è azzurro, targato Pdl: Beccalossi (Viviana) e Rossi (Luciano). Evaristo e Pablito, il biglietto da visita dellInter anni 70-80 e della Nazionale Mundial.
Ma il Senato non sta a guardare. Più attento di un questore, in porta va Tancredi (Paolo, Pdl): sperando che dallopposizione piovano solo emendamenti e non petardi come quello che nell87 colpì il portiere giallorosso Franco. Difesa allinsegna dellostruzionismo. Accanto allastuzia di Ferrara (Mario del Pdl, non Ciro ex Napoli e Juve) ci vuole uno tignoso come Gentile (Antonio, Pdl), che strappi la cravatta a Fassino come Claudio fece con la maglia di Maradona. A chiudere la retroguardia Piccioni Lorenzo, scuola Popolo della libertà, che però poco ricorda i baffi alla Frank Zappa di Enrico, ex Cremonese. Linea mediana a quattro con il ministro Altero Matteoli, ben più potente dellex interista Gianfranco, con il generale Del Vecchio del Pd (a medaglie il sampdoriano Gennaro sta messo peggio), con lex ministro Pisanu (forse il nonno del parmense Andrea) e con limmancabile straniero: Costa Rosario, che suona meno esotico di Manuel Rui Costa. Infine il tridente dattacco: Amoruso, Di Stefano e Giordano. No, non il segretario di Rifondazione Franco, «retrocesso» fuori dalle Aule: parliamo di Basilio Giordano, Francesco Amoruso e Fabrizio Di Stefano, le versioni parlamentari dei bomber di Lazio, Reggina e del Grande Real Madrid.
Panchina lunga con Sammarco, Picchi, Colombo, DAmico, Volpi, Taglialatela. E ancora Bianchi, Contini, Orsi, Fontana. Manca larbitro, rigorosamente bicamerale. A Montecitorio peschiamo Farina, a Palazzo Madama Bonfrisco o Messina. La telecronaca la affidiamo a Mazzocchi (Antonio) o a De Luca (Vincenzo), entrambi scuola Rai.
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