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Fini scuote l'Europa: «Basta ipocrisie ora ci vuole coraggio»

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da Roma

L’Europa deve decidersi: restare nella sua «crisi di incertezza» o diventare adulta e protagonista. Occorre ritrovare perciò il coraggio di scegliere, andando oltre il solco delle certezze, spezzando il recinto delle paure che immobilizzano. Evitando di «cullarci nelle nostre divisioni o rifugiarci nei nostri dubbi dietro ai quali si cela la nostra pigrizia».
Sono parole d’ottimismo, quelle che il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, rivolge a un convegno sul futuro dell’Europa organizzato dall’Union pour le Mouvement Populaire (Ump), il partito dell’amico Nicolas Sarkozy. L’Europa ancora tramortita dai referendum anti-Trattato costituzionale di Francia e Olanda deve riprendere l’iniziativa, sprona Fini, «mettere da parte timori, ipocrisie o reticenze». A Francia e Italia tocca il ruolo propulsivo, come quando c’era da far scoccare la scintilla dell’integrazione continentale. E magari può servire una scossa, quale potrebbe essere l’ingresso della Turchia nell’Unione.
È piuttosto un ottimismo della volontà, quello di Fini, considerato che la Francia è uno dei Paesi più esigenti nel concedere il visto d’ingresso alla Turchia e la formazione di Sarkozy una delle più contrarie. «Capisco l’amico Sarkozy - aggiunge Fini -, ma Ankara deve entrare nella Ue. Se loro ritengono non maturi i tempi, noi invece siamo convinti che la Turchia nell’Unione serva agli interessi dell’Europa perché si tratterebbe, con i fatti, di dimostrare che una società a stragrande maggioranza musulmana è perfettamente compatibile con i valori, gli ideali e le regole della cultura e della società europea». La speranza di un «ponte» verso il mondo islamico si infrange contro resistenze sedimentate, cui i turchi talora danno corda ostinandosi, per esempio, a non riconoscere la Repubblica di Cipro. Il negoziato d’ingresso (che si preannuncia lungo almeno un paio d’anni) verrà cominciato a ottobre, e la Francia non si è opposta. Buon segno? Valéry Giscard d’Estaing, l’ex presidente francese a capo anche della Costituente europea, presente al convegno, fa capire che non ci sono grosse novità: ribadisce il «no» alla Turchia, rilancia l’ipotesi minimalista di una «partnership privilegiata».
Sarebbe però l’ennesimo fallimento europeo. L’ennesima prova di un’inazione e di un’«incertezza» che Fini non manca di stigmatizzare. Occorre «far uscire l’Europa dalla crisi», osserva, perché «le nostre opinioni pubbliche non hanno smesso di crederci». Ma se l’Europa «non è un dogma», sta proprio nella capacità di scegliere con coraggio, di dare «una risposta comune alle sfide poste dalle questioni internazionali» la vera, grande opportunità per far ripartire il Vecchio Continente. Il ministro degli Esteri italiano indica vari teatri nei quali il «contributo» della Ue «può rilevarsi determinante a individuare soluzioni positive»: la questione iraniana, la ricostruzione del Libano, il processo di disimpegno di Israele da Gaza e quello di riforma dell’Anp palestinese, i Balcani. «L’azione coerente, compatta, incisiva dell’Europa è non solo necessaria: è auspicata, desiderata, attesa come decisiva», dice Fini, auspicando che essa sia anche «tempestiva». Un appello a superare l’attuale «frangente sospeso tra le difficoltà del presente e le incognite del futuro», rispecchiato tanto nei «no» ai referendum, quanto nello stallo delle discussioni sul bilancio Ue, quanto nel voto di un Paese cruciale per l’Europa, come la Germania. Ma «l’Europa non può concedersi tempi di attesa», conclude Fini.

Ora basta, si torni a «guardare all’avvenire con coraggio e determinazione».

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