Fini sempre più solo: un altro deputato abbandona i futuristi

RomaMeno uno, meno due, meno tre: il neo capogruppo di Fli, Benedetto Della Vedova (ma lui tiene a sottolineare di essere stato «soltanto indicato» dal congresso, gli organigrammi finiani sono ancora aperti) deve aggiornare il pallottoliere dei deputati.
Ieri sera erano scesi ancora, a quota ventinove: dopo la defezione di Roberto Rosso e il tira e molla di Luca Barbareschi, l’ultimo fuoriuscito è il veneto Luca Bellotti, che appena due giorni fa aveva assicurato di non voler abbandonare il progetto finiano, pur chiedendo di superare il clima di «sospetti» e di «caccia all’untore» interno al partito. A dare notizia del nuovo figliol prodigo che si ravvede è un comunicato del Pdl: Bellotti ha deciso di tornare a casa, nel gruppo del partito berlusconiano e ha motivato la sua scelta «spiegando di avere da sempre una storia politica di centrodestra, peraltro con incarichi di responsabilità e di governo locale nella sua regione, il Veneto, non facendo mai venire meno il suo convinto sostegno al governo nazionale, almeno fino a quando il Fli non ha deciso di votare la sfiducia all’esecutivo». D’ora in poi, niente più sfiducie per Bellotti: il suo sostegno al governo torna «convinto».
Per Fini lo stillicidio di addii continua, e nessuno dentro Fli sa dire se e quando finirà. Il gruppo al Senato è ormai tecnicamente decaduto, essendo sceso sotto la quota obbligatoria di dieci membri. Alla Camera, dove il quorum per costituire gruppo autonomo è di venti deputati, il margine di resistenza è ancora ampio. Ma le preoccupazioni su ciò che faranno personaggi come Adolfo Urso, Andrea Ronchi o Pasquale Viespoli sono tutt’altro che venute meno, e la notizia dell’addio di Bellotti, arrivata ieri sera a sorpresa, alimenta il pessimismo interno. «L’assedio del Pdl ai nostri è martellante, le offerte mirabolanti. Se all’interno si crea l’effetto frana, è difficile riuscire fermarlo», ammette preoccupato un futurista. Il colloquio che Fini ha avuto l’altro giorno con l’ex vice ministro Urso non ha chiuso lo strappo creatosi dopo il congresso, e i toni del confronto sarebbero stati assai duri, le critiche di Urso a linea e organigrammi di Fli aspre. L’offerta messa sul piatto da Fini (l’incarico di rappresentare Fli nel futuro Terzo Polo, che per ora non c’è e chissà se ci sarà) viene giudicata «risibile» da chi ha parlato con Urso. La ferita insomma è rimasta aperta, e nessuno fa previsioni sui possibili esiti.
Un’altra defezione di peso, sia pur silenziosa, è quella di Alessandro Campi, il direttore scientifico della Fondazione Farefuturo che è stato a lungo considerato l’ideologo del nuovo corso finiano, anche se negli ultimi mesi è stato spesso critico. Il professore (come ha raccontato ieri la Stampa) ha scoperto dalle agenzie di essere stato inserito nella segreteria del nuovo partito, senza aver neppure partecipato al congresso fondativo di Fli. E ha chiamato subito Italo Bocchino, chiedendogli di essere depennato dall’organigramma del vertice di partito.
I problemi del centro rimbalzano anche in periferia: in Piemonte, ad esempio, Fli è un partito terremotato, che ha perso tutti i parlamentari locali: prima sono usciti i senatori Siliquini e Menardi, in odio al nuovo coordinatore regionale Roberto Rosso. Poi ha fatto le valigie pure Rosso.

Tanto che il coordinatore futurista Bocchino tenta di correre ai ripari: ha convocato una manifestazione in loco per rianimare le truppe, e sta cercando di convincere Della Vedova ad assumersi l’onere di fare il commissario regionale: affrontare le prossime elezioni amministrative con un partito locale senza più testa sarebbe un bel problema.

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