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Fini: "Sulla sicurezza An ha vinto"

L'orgoglio del presidente di An dopo la manifestazione contro Prodi: "Un successo: tasse e sicuerzza temi centrali". Poi attacca il nuovo leader del Pd: "Lasci la poltrona da sindaco"

Fini: "Sulla sicurezza An ha vinto"

Roma - Presidente Fini, è stupito per il successo della «sua» manifestazione?
«Portare 500mila persone in piazza è un risultato al di là di ogni aspettativa. Dimostra che An è ancora un partito vero e organizzato».

Ha temuto di finire annegato nel battage mediatico delle primarie del Pd?
«Siamo vecchi del mestiere. Sappiamo che una manifestazione del centrodestra ottiene meno spazio di una del centrosinistra. Abbiamo accettato il rischio».

Quale molla ha armato questa mobilitazione spontanea?
«Abbiamo centrato gli argomenti. Sicurezza e fisco sono temi che incidono sulla nostra quotidianità».

Quando ha capito che la macchina funzionava?
«Quando davanti all’ospedale San Giovanni si sono affacciati alcuni malati con la bandierina di An in mano».

Considera questo successo una vittoria personale?
«No, del partito. Quando proposi questa manifestazione c’era scetticismo. Pensavano che senza Berlusconi non ce l’avremmo fatta».

Sarà l’ultima manifestazione «solitaria» di An?
«Non dipende da noi. Se il centrodestra ritrova la capacità di confrontarsi con i problemi concreti, bene. Altrimenti ci muoveremo in modo autonomo».

L’accuseranno di voler far le scarpe a Berlusconi?
«Ci sono abituato. C’è uno stallo e noi cerchiamo di riempire un vuoto».

Non è una contraddizione spingere per la federazione della Cdl e poi manifestare da soli?
«No. Dobbiamo rilanciare il confronto programmatico. Non ci si può limitare a dire elezioni subito».

Ma lei non vuole le elezioni come tutti gli altri?
«Certo ma non possiamo aspettare Godot all’infinito. In attesa che il governo si decomponga non si può restare con le mani in mano».

Per Prodi è stata una «manifestazione di insulti».
«Ha perso un’occasione buona per stare zitto. Gli capita spesso».

In piazza c’era anche la sua ex moglie Daniela. Le ha fatto piacere?
«Mai dubitato della sua militanza politica. Non dimentichi che ci siamo conosciuti nel partito».

Veltroni ora è un sindaco a mezzo servizio. Inizierete una campagna perché lasci il Campidoglio?
«La campagna la faremo. È oggettivamente impossibile governare Roma ed essere il leader di un partito. Ma tanto resterà attaccato alla sua poltrona».

Esiste davvero un «modello Roma»?
«Ma quale modello Roma... È un’illusione ottica. Abbiamo iniziato con i campi rom a mettere il degrado della Capitale sotto i riflettori. E non dimentichiamo che a Roma c’è l’imposizione fiscale più alta d’Italia».

Si aspetta che ora cambino gli equilibri dentro il centrosinistra?
«Veltroni dovrà confrontarsi con le tante anime dell’Unione. Vedo che iniziano a parlare di collegialità. Vuol dire che intendono imbrigliare il leader».

Veramente anche lei, durante i 5 anni di governo, usò la parola collegialità.
«E infatti lo feci perché volevo limitare l’azione troppo solitaria di Tremonti».

Veltroni e la sinistra radicale. Conviveranno o no?
«Mi chiedo: il Pd sul welfare avrà la posizione di Bonanni o di Rifondazione? Sulla sicurezza seguirà Amato o Giordano? Altra questione: Veltroni non può che giurare lealtà a Prodi ma ad abbracciare un morto si rischia di morire, o di fare la fine di Rutelli che è sparito dalla circolazione. Prodi oggi è il politico più impopolare d’Italia».

Mi dica una cosa concreta da fare per dimostrare che An può fare da antidoto all’antipolitica.
«Il riconoscimento giuridico dei partiti. Non è possibile che siano associazioni regolate come bocciofile ma finanziate dallo Stato e abbiano solo diritti senza doveri».

È fantapolitica ipotizzare che Fini e Di Pietro possano convivere nello stesso partito?
«Più che a me lo chieda a lui».

Di Pietro è di destra?
«Su alcuni valori l’affinità è evidente. Ma di fronte al taglio dei fondi per la sicurezza avrebbe il dovere di dimettersi da ministro».

Nel futuro lei sarà premier, presidente della Camera o sindaco di Roma?
«Prima pensiamo a vincere le elezioni».

Quante probabilità esistono che si svolga il referendum sulla legge elettorale?
«Più passano i giorni più si avvicina. Noi siamo pronti a discutere su una modifica della legge ma non ne accetteremo una pur che sia, soltanto per evitare il referendum».

Sono vere le voci sulla sua difficile convivenza con il leader di Forza Italia?
«Berlusconi ha enormi meriti storici. Senza di lui nel ’94 avrebbe vinto Occhetto. E il partito di plastica è ancora il primo partito italiano. A fronte di meriti così rilevanti ha difetti altrettanto rilevanti. Ma il mio non è un problema di convivenza. La politica è realismo».

Le dà fastidio l’attenzione dell’informazione sui saluti romani?
«Non sanno come attaccarci. Quando la sinistra va in piazza chiudono i negozi. Ieri c’erano le famiglie con le carrozzine».

È vero che lei vorrebbe Giorgia Meloni segretario di An?
«Ci sono almeno dieci dirigenti come lei, all’altezza del ruolo. Comunque non mi risulta che la sede sia vacante».

Presidente, ma la Brambilla c’era o non c’era in piazza?
«Io non l’ho vista ma mi ha telefonato per dirmi che ha partecipato».

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