RomaSi apre per Gianfranco Fini uno dei fronti di battaglia più caldi: la Rai. Il castello di rapporti e relazioni che legislatura dopo legislatura lex leader di An ha edificato a Viale Mazzini rischia infatti ora di sgretolarsi sotto i colpi dello scandalo Montecarlo. E se la prima picconata lha data proprio Giancarlo Tulliani, quel «cognato» scomodo che pretendeva in nome della protezione di Fini di mungere dalla Rai contratti milionari, i colpi letali allimpero finiano nel servizio pubblico stanno arrivando solo ora, da parte degli ex alleati del Pdl. A dar per primo fuoco alle polveri il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio: «Guido Paglia (direttore delle relazioni esterne Rai, ex fedelissimo di Fini, ndr) ha chiarito in modo impeccabile il fatto di non essersi mai occupato di contratti in Rai e quindi non aver mai esercitato alcuna pressione perché lazienda della famiglia Tulliani ottenesse contratti. Non ne avevamo dubbi e pertanto resta un interrogativo: poiché i contratti ci sono stati e vengono oggi revocati, chi si è adoperato perché fossero sottoscritti? Sarebbe bene che questa semplice verità venisse alla luce in nome della trasparenza e della legalità». Anche dal governo sono venute richieste di chiarimento circa i contratti Rai sottoscritti da membri della famiglia Tulliani. «Credo sia giunto il momento - ha commentato il sottosegretario ai beni culturali Francesco Giro - che il Cda della Rai promuova una accurata ricognizione dei contratti stipulati con la famiglia Tulliani che, dalle notizie pubblicate sui giornali, risulta titolare di un numero imprecisato di società che in questo ultimo anno hanno presentato programmi molti dei quali riccamente finanziati». «Se questo fosse vero - ha sottolineato Giro - comprendiamo nel suo pieno significato la rottura del rapporto, prima molto stretto, fra il presidente Fini e lamministratore Rai Guido Paglia, colpevole di aver allontanato il cognato Tulliani avendolo giudicato per quello che poi è apparso, almeno così si dice, anche allo stesso Fini, che in tutta questa vicenda alla meglio passerà per un grande sprovveduto e alla peggio come uno che non voleva vedere la realtà».
Ma le minacce non giungono solo dallesterno. I rischi maggiori per il potere dellex leader di An in Rai si trovano allinterno degli stessi palazzi di Viale Mazzini, dove la compagine finiana è sempre più incline al cambio di casacca. Ormai anche Mauro Mazza, direttore di Raiuno, già direttore del Tg2, avrebbe preso le distanze da Fini. Il quale non a caso viene descritto dai suoi «incazzato nero». Forse persino più per quanto il cognato ha fatto venire fuori in Rai, che per la vicenda di Montecarlo. Considerato anche che in questo caso si tratta pur sempre di soldi pubblici. A Saxa Rubra dunque la scalata arrembante dei «fedelissimi» sè tramutata in picchiata. In rotta con il presidente della Camera ci sarebbe il consigliere Guglielmo Rositani, che ha tenuto a far sapere di sentire soltanto con La Russa e Gasparri. Ma sono in tanti a vivere sottotraccia: dal vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano a Pasquale DAlessandro, responsabile dellInnovazione e del prodotto. Da Alessandro Zucca, vicedirettore Risorse umane, a Paolo Corsini, vicedirettore di Gr Parlamento. Prudentissimo persino Gianni Scipione Rossi, fratello del rompighiaccio finiano Filippo e vicedirettore di Rai Parlamento, dove attendeva una promozione a direttore. Daltronde anche il direttore del Tg2, Mario Orfeo, alla cui nomina Fini contribuì in modo determinante, ha mangiato la foglia e si muove con passi più felpati che mai.
Gloria quindi agli irriducibili, che non hanno intenzione (o la possibilità) di rinnegare il passato. Così Bruno Socillo, direttore della Radiofonia. Come Massimo Magliaro, ormai a un passo dalla pensione, attuale presidente di Rai Corporation e antesignano degli uomini del vecchio Msi alla televisione pubblica.
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