Finmeccanica+Fincantieri=futuro

(...) precisa identità imprenditoriale, in grado di competere sul mercato e quotata. Insomma, una specie di riassunto di tutte le eccellenze aziendali del nostro Paese, soprattutto quelle in grado di competere sui mercati internazionali. Già oggi Fincantieri e Finmeccanica sono questa cosa. E l’unione di due realtà simili potrebbe essere davvero devastante. Soprattutto per i competitor stranieri.
In tutto questo cosa c’entra Genova? La nostra città, come già è stata la capitale delle migliori Partecipazioni Statali di un tempo, potrebbe rinascere proprio sul nuovo colosso industriale. Sommando, per rubare un riuscito slogan ad Alberto Gagliardi, l’industria pesante all’industria pensante, quasi un massimo comune denominatore e contemporaneamente un minimo comune multiplo della nostra storia industriale. Insomma, detto in termini matematici: Finmeccanica+Fincantieri=futuro. E, sempre giocando con le parole, grazie a un’operazione simile, senza divisioni, Genova potrebbe elevarsi a potenza.
Per tutto questo, servirebbe anche un manager adeguato. E, ammesso e non concesso che non sia più Guarguaglini e che non sia ancora Leone, il primo nome che viene in mente è quello della seconda metà del colosso prossimo venturo. E cioè l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono. Il diretto interessato, chiamato in causa proprio dal primo retroscena del Secolo XIX, ieri ha scritto al quotidiano genovese una cortesissima lettera quasi letteraria, un po’ come Bartleby lo scrivano, quello che diceva: «Preferisco di no». E, conoscendo Bono, so per certo che è anche vero: è talmente concentrato sulla difficilissima lotta per dare un futuro a Fincantieri, che non mollerebbe mai la sua azienda.


Però, al di là della volontà del diretto interessato è anche vero che Bono avrebbe tutte le caratteristiche ideali: è già stato in entrambe le aziende di Stato; è un manager attentissimo ai conti; non è legato a doppio filo alla politica, ma ha molti estimatori nella politica; ha anticipato idee come la responsabilizzazione dei dipendenti e il coinvolgimento del sindacato riformista, riuscendo persino a trasformare in riformisti quelli della Fiom. Poi, soprattutto, ha sempre dato una mano a Genova appena ha potuto. Buon identikit.

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