Fino al 20 giugno si lavora per le tasse

Si comincia a guadagnare dopo sei mesi. Il governo ammette di voler ridurre il deficit con l’aumento della pressione fiscale e nel 2007-2008 le spese cresceranno

Fino al 20 giugno si lavora per le tasse

Roma - Il ministero dell’Economia rende note la Relazione previsionale e programmatica (Rpp) e la nota di variazione al Dpef, approvati venerdì scorso dalle riunioni di Palazzo Chigi (Cipe e Consiglio dei ministri). E subito escono le «sorprese». Tanto per iniziare, nel 2008 gli italiani pagheranno più tasse (sottoforma di maggiori imposte e contributi) per 30 miliardi di euro, rispetto a quelle versate quest’anno. Per la precisione: 18 miliardi di maggiori imposte, 10 di contributi e 2 miliardi da «altre entrate correnti». Nel complesso, lo Stato peserà il prossimo anno per 750 miliardi di euro.
Vale a dire che nel 2008, per onorare i soli impegni tributari, gli italiani lavoreranno per lo Stato fino al 7 giugno; dall’8 giugno per loro. Quest’anno per far fronte agli obblighi con il Fisco si è lavorato fino al 6 giugno; nel 2006, fino al 4 giugno. Se al posto delle entrate tributarie, si prende in esame quanto si deve lavorare per rispettare anche gli obblighi contributivi, nel 2007 e nel 2008 si lavora fino al 20 giugno; mentre nel 2006 fino al 18.

Nella Rpp, poi, viene corretto il dato complessivo della pressione fiscale. Dalle tabelle consegnate venerdì al Consiglio dei ministri emergeva che quest’anno sarebbe stata pari al 43,1% del Pil; e quella del prossimo anno sarebbe scesa al 43% del Pil. Con il documento reso pubblico sul sito del ministero dell’Economia, in entrambi gli anni la pressione è pari al 43%. E viene ribadito l’impegno che questa scenderà negli anni futuri.

La Relazione previsionale, però, indica che nel 2009 le entrate complessive saranno pari a 772 miliardi di euro. Vale a dire, 52 miliardi in più del livello raggiunto quest’anno (720 miliardi).
Dinamica analoga a quella delle entrate (appena un po’ rallentata) viene registrata sul fronte della spesa. Con il risultato che il governo mette nero su bianco come il raggiungimento dell’obbiettivo di riduzione del deficit è interamente affidato al fronte fiscale.

Il totale delle spese complessive nel 2007 sarà di 756,7 miliardi di euro, con un aumento di 11 miliardi rispetto al livello dello scorso anno. Nel 2008, però, le spese complessive saliranno di altri 23 miliardi; che diventeranno 42 nel 2009, quando sfioreranno gli 800 miliardi di euro.

Dentro queste voci, però, c’è anche l’onere per il pagamento degli interessi sul debito pubblico. Se viene tolta la spesa per interessi, nel 2008 la spesa pubblica aumenta di 19 miliardi di euro; e di 35 nel 2009.

Come ricorda spesso il ministro dell’Economia, l’Italia «è un Paese sottocapitalizzato»; cioè, mancano investimenti. Quindi, c’è spesa e spesa. E il governo, anziché privilegiare quella produttiva (gli investimenti), preferisce premiare quella per il funzionamento della macchina della Pubblica amministrazione.

A rivelarlo è sempre la Relazione previsionale e programmatica. La spesa corrente, infatti, nel 2008 raggiunge i 714 miliardi di euro, con un aumento di 22 miliardi, rispetto il livello toccato quest’anno; nel 2009, l’aumento - sempre rispetto a quest’anno - sarà di 42 miliardi.
In compenso la spesa complessiva in conto capitale scende di 3 miliardi; e al suo interno quella per investimenti viene tagliata di un miliardo, rispetto ai valori di quest’anno.

Il Senato, da ieri, è formalmente entrato in possesso sia della legge finanziaria sia del decreto legge. E a Palazzo Madama hanno scoperto che il costo del decreto legge (che peserà sui conti di quest’anno) non è di 7,5 miliardi, come originariamente stimato; ma è salito a 8,3 miliardi.

Per Mario Baldassarri l’azione di governo non è concentrata alla riduzione del deficit, ma allo sperpero di risorse pubbliche. «Senza i decreti sui tesoretti, nel 2008 avremmo avuto un azzeramento tendenziale del deficit», osserva l’ex viceministro all’Economia.

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