La Fiom sconfitta diventa razzista con i colletti bianchi

Ma ad aver detto sì all’intesa sono stati capi reparto e responsabili della produzione, non gli impiegati. Il sindacato rosso demonizza i nemici e tanto per cambiare decide di scendere in piazza

nostro inviato a Torino

Eccoli i nuovi untori, la vergogna di Mirafiori, il bersaglio dei lavoratori «veri», la pietra dello scandalo che riporta in auge la lotta di classe: non più salariati contro padroni, ma tute blu contro colletti bianchi, operai contro impiegati. Gli impiegati: sarebbero loro ad aver fatto vincere il «sì» al referendum sull’accordo Fiat. Da 24 ore Giorgio Airaudo, leader nazionale del settore auto della Fiom, lo ripete come un mantra, e dietro di lui personaggi come Nichi Vendola e Giorgio Cremaschi, i Cobas e la Cgil. Il seggio 5, quello degli impiegati, è stato l’unico dove la percentuale di «sì» è stata schiacciante, dunque gli impiegati sono crumiri, schiavi di Sergio Marchionne, figli di un sindacato minore. «Anche i capi sono lavoratori», ammoniva Luciano Lama in un lontanissimo 1980. Ma non c’è bisogno di scomodare un leader sindacale vecchio stampo per capire a che cosa si è ridotta la Fiom uscita sconfitta dalle urne di Mirafiori: a combattere una guerra tra poveri, a contrapporre gli operai che faticano agli impiegati che invece farebbero la bella vita. Per i metalmeccanici della Cgil, quelli del seggio 5 sono lavoratori di serie B, che magari non meriterebbero la tutela sindacale.
In realtà questi fantomatici «impiegati» non sono colletti bianchi, dipendenti che sfangano le giornate alla scrivania: sono quadri operai, persone con responsabilità diretta nel funzionamento della fabbrica, tecnici qualificati, addetti ai sistemi informatici e tecnologici. In tutto 450 persone. Hanno votato in 442, 420 a favore del «sì», 20 per il «no», due schede non valide: questo dice lo scrutinio definitivo sancito alle 6 di ieri mattina. «Marchionne - sostiene Airaudo - ha salvato l’accordo soltanto grazie ai suoi uomini, i capi, quelli legati al comando dell’impresa. I “no” sono dove si fatica».
Ma anche qui la Fiom sconfitta gioca con i numeri. Perché anche negli altri reparti ha prevalso il «sì»: negli otto seggi delle aree cosiddette «produttive» (montaggio, verniciatura, lastratura e nel turno di notte) i favorevoli all’accordo sono stati 2.315 contro 2.306. Nove voti di scarto su 4.678. Percentuale minima, ma se le regole della democrazia hanno ancora un senso il «sì» avrebbe vinto anche senza i voti degli impiegati. I favorevoli hanno avuto la maggioranza nel turno di notte e nella verniciatura, mentre hanno prevalso i contrari nel montaggio e lastratura. Ma Airaudo è stato sprezzante anche con quei nove voti di differenza tra «quelli che faticano». «Sono voti che saprei benissimo come colmare, sono stati espressi soltanto per paura».
Dunque, la Fiom celebra la sconfitta come un successo. Il sindacato più oltranzista dei metalmeccanici pretende ancora di dettare le regole in fabbrica e persiste nella strategia di demonizzare l'avversario (ieri Marchionne, oggi gli impiegati, domani il governo) e nella logica dello scontro. «Il 28 gennaio confermeremo lo sciopero generale dei metalmeccanici», ha annunciato ieri mattina Airaudo. Maurizio Landini, leader nazionale, ha detto che «se c’è un sindacato che, con questo voto, dimostra di essere rappresentativo, è la Fiom». Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil, ha garantito che tutta la sua confederazione «si mobiliterà per garantire la piena riuscita dello sciopero del 28 gennaio».

Scatta il soccorso rosso: se in piazza i metalmeccanici saranno pochi, ci penseranno gli altri tesserati Cgil a ingrossare le file dei manifestanti. Soprattutto la categoria più numerosa, quella dei pensionati. Ai quali scioperare non costa nulla.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica