Fiorello stronca la tv. E i critici stroncano lui

Lo showman parlando alla Luiss spara a zero sul piccolo schermo: "Peggio che negli anni ’80". Eppure gli esperti di comunicazione, da Alberto Abruzzese a Walter Siti, non vedono una crisi in atto. Anzi, i reality sono una finestra sul mondo un tempo invisibile

Fiorello stronca la tv. E i critici stroncano lui

Rosario Tindaro Fiorello, lo showman più poliedrico d’Italia è andato l’altroieri a fare «lezione» all’Università Luiss Guido Carli (ateneo molto attento al versante spettacoloso della cultura). E come ospite a sorpresa della giornata della matricola ha sparato a palle incatenate contro il piccolo schermo: «Quella degli ultimi 10 anni è la televisione più brutta mai esistita, ancora peggio di quella degli anni ’80». Si salva secondo lui solo qualche solida quercia della vecchia guardia - «l’ultimo rimasto di quella generazione è il mio amico Pippone... vivrà fino a 101 anni» - e qualche giovane virgulto come Francesco Facchinetti: «Il Baudo del nuovo Millennio». E se il piccolo schermo è un disastro la radio invece è ancora piena di possibilità, tant’è che Fiorello parlando a Radio Luiss (da lui inaugurata quattro anni fa) ha detto di essere pronto a tornare a condurre VivaRadio2. Anche considerando che il suo giudizio è espresso con l’ottica di chi guarda soprattutto agli show e alla televisione generalista, risulta piuttosto tranchant. Abbiamo quindi chiesto ad alcuni critici cosa ne pensano.
Gianluca Nicoletti, editorialista della Stampa e voce di Radio24, è sintonizzato su altri canali: «Ma di quale televisione parla? Io vedo centinaia di canali e trovo un’offerta enorme... Come si fa a confrontare tutto questo con il prima? Certo quella di oggi è una tv con un linguaggio molto diretto, molto poco autoriale, ma non è una questione che si possa valutare in base a criteri estetici... La tv non è né bella né brutta, è uno specchio e come specchio della realtà va guardata. Altrimenti facciamo dei discorsi da beghina, quelli che iniziano sempre con “ah come si stava bene una volta”. Secondo me Fiorello un po’ giocava, un po’ sapeva di dire una frase che strappa l’applauso facile».

Alberto Abruzzese, uno dei più autorevoli sociologi della comunicazione del nostro Paese, invece, riconosce al conduttore tv qualche ragione in più: «Invece di parlare di bello o brutto avrebbe dovuto parlare di crisi della tv generalista. Questa c’è... Ma è comunque una galassia così grande che non ha senso generalizzare. Semmai la questione è che c’è nelle nuove generazioni un nuovo modo di comunicare e la televisione generalista non è più il medium principale. Quanto al giudizio sulla tv anni ’80 come metro di paragone del brutto, forse a Fiorello non piace perché lui non c’era...».

Per Walter Siti, scrittore ed esperto di tv (vedasi la sua rubrica su La Stampa intitolata «La finestra sul niente»), invece: «Quella frase non vuol dire nulla. Certo la tv generalista è molto cambiata e qualcuno potrebbe anche dire che si è involgarita. Ma negli ultimi dieci anni, pur in un contesto molto più frammentato, sono arrivate molte cose nuove. Secondo me la televisione è molto più interessante che negli anni ’80». Un aumento di interesse che ha le sue radici proprio nel vituperato reality: «È un modo di fare televisione che ha cambiato tutto. E se i format più commerciali alla fine sono noiosi, o volgari, i reality di nicchia raccontano storie che prima non erano mai approdate in televisione».

Quanto al filosofico Enrico Ghezzi, invita alla prudenza: «Quando si parla di tv bisogna stare attenti, si parla di noi stessi. Forse davvero siamo peggio degli anni ’80. Il reality in questo senso è la cosa più abbietta, ma anche la gloria massima della televisione di oggi.

Rende evidente che ciò che conta non è il lavoro o la creatività, ma il transitare nello spazio... In un mondo liquido e colloso in cui sempre più siamo ciò che guardiamo, e viceversa, non ha tanto senso astrarsi, sentirsi solo spettatori e dire: “quello che guardo non mi piace...”».

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