da Roma
Ancora non si era spenta leco delle parole di Romano Prodi che già il neo ministro dellIstruzione, Giuseppe Fioroni, esternava in merito al futuro della scuola. Il presidente del consiglio aveva appena chiesto ai ministri del suo governo di parlare soltanto quando le decisioni sono definite che Fioroni, dopo avergli dato ragione, già dettava il suo programma ai cronisti. Prima di tutto Fioroni vuole dare un segnale di inversione di tendenza rispetto al passato. Tutto quello che ha fatto il suo predecessore, Letizia Moratti, va azzerato. A cominciare dal nome. «Ho presentato un emendamento per ripristinare la denominazione del ministero della Pubblica Istruzione - annuncia -. Perché se la vera libertà si acquisisce solo con il sapere, la scuola non può che essere di tutti e per tutti».
Il ministro si trovava a Palermo per onorare la memoria di Giovanni Falcone e della sua scorta nellanniversario della strage di Capaci. Unoccasione per dire quanto sia importante il sapere per combattere la mafia e il suo perverso fascino sulle menti più giovani. Il ministro poi però ha finito anche per affrontare altri temi, confermando la volontà di controriformare quanto attuato dal precedente governo come richiede parte del mondo della scuola e dei sindacati da sempre refrattari a qualsiasi cambiamento. Anche la riforma voluta dal ministro del primo governo Prodi, Luigi Berlinguer, fu boicottata dal mondo della scuola prima di essere parzialmente cancellata dalla Moratti.
«Alla riforma Moratti andranno apportati modifiche e correttivi immediati - dice Fioroni -. Si inizierà dalle parti che non contrastano attivamente lesclusione scolastica o rischiano di accentuarla». Prima di prendere qualsiasi decisione il ministro avvierà «una consultazione per avere gli elementi che consentano poi di operare organicamente sul piano legislativo». E avviare una consultazione nel mondo della scuola significa sostanzialmente non fare nulla per almeno due anni. Fioroni comunque individua una piaga aperta della scuola quella della dispersione che, va precisato, non è certo un problema di oggi. Le percentuali nel nostro Paese sono altissime, il doppio della media europea con picchi che arrivano negli istituti tecnici al 50 per cento.
Per quanto riguarda lesclusione, Fioroni osserva che «una scuola che dà per scontato che chi è diversamente abile, chi ha difficoltà per la provenienza, per il censo, per il reddito possa farne a meno, quella non è la scuola che vogliamo».
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