Firenze si tinge di blu Pitti Uomo rilancia la nostalgia del jeans

Una personale tutta dedicata alla celebre tela genovese: in mostra modelli délavé, stone washed e passati al carbonio

Daniela Fedi

da Firenze

È proprio vero che gli esami non finiscono mai. Prendiamo il caso di Pitti Immagine Uomo, il salone più importante del mondo per la moda maschile. Ieri, giornata d'apertura dell'edizione numero 68, a Firenze sono arrivati migliaia di manifestanti per lo sciopero indetto per la sicurezza sul lavoro. Il raduno si è svolto in una piazza a due passi dalla Fortezza da Basso dove 634 aziende e 807 marchi espongono in anteprima mondiale le collezioni di abbigliamento e accessori per la primavera/estate 2006. Ed è stato un disastro che ha messo a dura prova i nervi di tutti già esacerbati da un caldo feroce. Come se questo non bastasse nel settore si avverte una crisi senza precedenti. E se il terrore corre sul filo c'è davvero di che preoccuparsi perché in Italia la moda rappresenta il 6 per cento del Pil. Così Pitti mette sotto esame il jeans che pur essendo nato in epoca vittoriana è il più moderno dei capi. «L'unico che ha sempre qualcosa da dire» sostengono gli stilisti Marithée e François Girbaud al cui lavoro (40 anni di creatività sul denim) è dedicata la mostra «L'Altro Jeans. Il faut laver le jean de ses idées» alla Stazione Leopolda fino al 10 luglio. Tra pezzi storici come i primi modelli délavé (cioè stinti ad arte), stone washed (ovvero lavati con la pietra pomice) passati al carbonio e laserati, i coniugi Girbaud oltre a ripercorrere le tappe della loro carriera fanno autocritica. «Siamo i più grandi inquinatori della terra» scrivono infatti sul bordo di una vasca piena d'acqua e pesci morti (di plastica) che spiega come certi processi produttivi siano nefasti per l'ambiente. Un'altra vasca in cui invece guizzano delle carpe vive e vegete, circonda l'angolo dedicato a una nuova scoperta: la molecola che fissa il blu nel tessuto per l'eternità senza acidi e agenti inquinanti grazie a un processo di polimerizzazione al laser. «Solo con le idee si possono battere i cinesi» concludono i due. Dello stesso avviso è Adriano Goldshmied, il padre del cosiddetto «design denim» premiato ieri con Renzo Rosso («Mi ha scoperto lui» ha detto il patron della Diesel indicandolo) per l'incredibile lavoro che entrambi hanno fatto aprendo la via italiana al jeans. «Bisogna che il governo si dia da fare - dichiara Rosso - la prima mossa sarebbe stroncare il mercato dei falsi: ho appena comprato tre container di capi vintage della Diesel e il 30 per cento era merce contraffatta». Paolo Zegna invoca piuttosto provvedimenti sulla reciprocità dei dazi: ci sono 140 Paesi che entrano in Europa a costo zero contro i 12 in cui possiamo entrare noi europei senza pagare dazio. Raggiunto telefonicamente dal figlio Matteo che faceva gli onori di casa nello stand di Ballantyne, marchio controllato dal fondo di private equity Charme creato dalla famiglia, Luca di Montezemolo per una volta si è concesso il lusso di pensare agli affari suoi.

«Stiamo facendo la politica dei piccoli passi - ha detto - per ora niente jeans anche se Ballantyne è diventato un total look al tempo stesso italiano e internazionale». Con un fatturato cresciuto del 20 per cento nel 2004 e una cartella colori di 62 varianti per il solo cashmere, perché impelagarsi nell'avventura delle avventure?

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