Fisco, il tesoro nero delle imprese Un miliardo di euro a San Marino

Fisco, il tesoro nero delle imprese Un miliardo di euro a San Marino

MilanoL’albergatore. Il costruttore. Il direttore di una società di servizi. Tanti, tantissimi piccoli e medi imprenditori. In tutto, un migliaio. Sono nel mirino delle Fiamme gialle che ieri, come anticipato dal Giornale, hanno dato il via ad una gigantesca operazione contro l’esportazione illecita di capitali all’estero. I soldi prendevano la strada di San Marino, e qui, in quello che è considerato un paradiso fiscale, venivano riciclati e spesso riportati in Italia. Ieri, dunque, è stata perquisita la sede della Smi, la più importante finanziaria e fiduciaria della piccola repubblica che fra l’altro controlla la storica ex Banca del Titano, e contemporaneamente le abitazioni e gli uffici dei responsabili della società. Dunque, la cassaforte dell’inespugnabile minirepubblica è stata violata. Un tabù è stato infranto. Anche se i nostri militari non sono entrati nei forzieri, ma hanno affidato il compito alla polizia di San Marino e all’unità antiriciclaggio.
Si stima che almeno un miliardo di euro sia stato portato a San Marino e sottratto all’economia nazionale con l’aiuto di alcuni colletti bianchi, pure finiti nell’inchiesta e accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. Le persone indagate sono al momento cinquantacinque, ma i numeri potrebbero lievitare nelle prossime ore: il monitoraggio riguarda un migliaio di soggetti. I reati contestati dalla Procura di Roma agli imprenditori vanno dall’appropriazione indebita al trasferimento fraudolento di valori. In sostanza, i soldi sfuggivano al patrimonio delle imprese e formavano un tesoretto personale, nella disponibilità dell’industriale o dell’artigiano di turno. Da San Marino poi riprendevano la strada di casa, utilizzando lo scivolo blindato di alcune società controllate dalla Smi.
Un metodo apparentemente sicuro per disporre di un bel gruzzolo, in alcuni casi anche 5-10 milioni di euro, da spendere poi allegramente in barche, case e altri beni. Naturalmente, nessuno si preoccupava del fatto che questo meccanismo sconvolgesse i bilanci, impoverisse le aziende, servisse per aggirare il fisco. Il gioco è andato avanti per anni, ma era dal 2007 che le Fiamme gialle, in un’inchiesta per associazione a delinquere, avevano cominciato a seguire le mosse di commercialisti e finanzieri disinvolti e a ricostruire la mappa dei loro rapporti.
L’indagine è andata avanti per due anni sottotraccia, poi negli ultimi giorni l’attività investigativa si è intensificata: l’altro ieri, alla vigilia della operazione, un corriere è stato fermato a Pesaro. Nella valigetta aveva 700 mila euro, l’obiettivo era sempre lo stesso: lavare i soldi e poi farli tornare indietro, ormai nella disponibilità personale del cliente della Smi. Altri cinque milioni circa erano stati sequestrati nei mesi scorsi.
Ora, ecco le perquisizioni, una decina in tutto. È la prima volta che San Marino si muove sul proprio territorio dopo aver ricevuto un input dell’Italia. Un fatto importante, addirittura storico, anche se si sa che i rapporti fra i due Stati stanno attraversando un momento burrascoso. La rocca del Titano è entrata nella black list dei paradisi fiscali, esattamente come è capitato alla Svizzera. Il resto ce l’ha messo il ministro Giulio Tremonti con lo scudo fiscale. Una leva potentissima per smuovere i capitali fino a ieri al sicuro nei caveau del piccolo stato, incastrato in terra di Romagna. Ci sono state proteste, incontri diplomatici, tentativi di mediazione, l’Italia è andata avanti, il rientro dei capitali prosegue.


Ora arrivano anche le Fiamme gialle con questa inchiesta articolata che certo non rappresenta un bel biglietto da visita per il sistema finanziario di San Marino. E non è detto che sia finita. Anzi, nelle prossime settimane, sempre che la collaborazione fra il piccolo Stato e Roma non s’interrompa, potrebbero esserci nuove, clamorose novità.

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