Fiumi di cocaina dai Balcani: gang di «narcos» finisce alla sbarra

Nella banda anche D’Ursi, condannato a 23 anni per l’omicidio Caprantini: era agli arresti domiciliari

Alessia Marani

Condannato a 23 anni in secondo grado per omicidio, era agli arresti domiciliari dopo avere confessato di essere stato lui, quella «maledetta» notte del 9 febbraio del 2003, ad avere premuto il grilletto di una 44 magnum contro Nello Caprantini, il barista di 21 anni della Magliana, freddato al culmine di una lite scoppiata nella discoteca «Terra Caliente», sulla Pontina. Eppure Giovanni D’Ursi, oggi 28enne, aveva trovato il modo di mantenere i contatti con una gang di narcotrafficanti capaci di importare nella Capitale cocaina in quantità «industriale» sulla rotta balcanica. Così stando alle investigazioni del pm della Direzione Distrettuale Antimafia Lucia Lotti e dei carabinieri del nucleo operativo del Reparto Territoriale di Frascati che l’altro giorno gli hanno notificato il reato di traffico internazionale di sostanze stupefacenti in concorso con Alessandro Gargano, 57 anni, il figlio di questi, Paolo, 32 anni, entrambi di Marino, Luigi Molinari, 52 anni, di Tor Bellamonaca e R. P., 34 anni, di Velletri.
Giovedì notte i militari hanno fatto irruzione in un garage tra Morena e Ciampino - riconducibile ai Garagano, il padre ha alle spalle un procedimento anche per tentato omicidio - in cui è saltato fuori sotto la pavimentazione un autentico deposito per la droga. In questa sorta di «cassaforte» era celata gran parte dei sei chili di «neve» purissima recuperata dai carabinieri in mesi di indagini. Quindi, sostanze da taglio, bilancini di precisione, tutto l’occorrente, insomma, per il confezionamento. Non solo. Nel locale, una specie di capannone per il parcheggio di auto, c’erano personal computer e soldi contanti. In un pc gli inquirenti hanno rinvenuto una dettagliata documentazione circa la contabilità del gruppo da cui emerge un credito nei confronti degli acquirenti spacciatori per almeno un milione di euro. «Registri» da cui sarebbe spuntato fuori anche il nome di D’Ursi.
«Lo stupefacente - spiega il colonnello Marco Minicucci, del Reparto di Frascati - arrivava con mezzi diversi: treni, auto, camion imbottiti di doppifondi. Quella di Morena era l’ultima tappa prima dello smercio sulla piazza di Roma e dintorni.

Ogni affiliato aveva un ruolo specifico, anche se tutti sono coinvolti allo stesso livello. D’Ursi, Molinari e il veliterno, in particolare, mantenevano i collegamenti con l’Est». I cinque, ora, si trovano nel carcere di Regina Coeli.

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