Fli è sempre più un centro sociale: "Il premier umilia l'Italia"

La deriva di Futuro e libertà. I finiani sognano la spallata finale e la base sembra il popolo viola: "Cos’è quell’azzurro berlusconiano nel nuovo simbolo?"

Fli è sempre più un centro sociale: "Il premier umilia l'Italia"

Roma Nel tentativo di minimizzare le spaccature interne, Fini a Mirabello disse di non essere appassionato di ornitologia. Suo malgrado ora deve consultare libri di zoologia. Nei giorni successivi qualche colonnello fece spallucce: le opinioni diverse tra noi dimostrano che il Fli non è una caserma. Ma, più che altro, il neopartito di Fini sembra più simile un centro sociale. Nel ruolo di squatter Granata, Bocchino, Briguglio, Barbareschi e la pasdaran in rosa, Angela Napoli. Sono loro che premono perché Fini dia la spallata definitiva all’odiato Berlusconi. Premono anche sul lato umano di Gianfranco. Quello che - e in politica conta eccome - non sopporta più il Cavaliere, forse da sempre considerato un parvenu della politica, uno inadatto a governare, privo di etica ma anche di estetica. Sono loro a tirare per la giacchetta il presidente della Camera e a chiedere di chiudere definitivamente con Silvio. Lo fanno riportando le voci del loro popolo che ogni giorno ulula sul sito di Generazione Italia. Qualche chicca: «Per favore, staccate la spina... Non ne possiamo più!»; oppure: «Non è possibile essere complici di questo degrado... Se riusciamo a far cadere il governo gli italiani ci saranno grati». Così, Briguglio si fa interprete degli umori più antiberlusconiani dei suoi e sgorga fiele: «Non possiamo più stare in questo esecutivo e nemmeno con questo presidente del Consiglio, inadatto a svolgere funzioni di governo e responsabile della crescente perdita di prestigio dell’Italia nel mondo».
È questo il pensiero di Fini? È questa la linea del Fli che ieri ha presentato il suo simbolo, un cerchio con la base verde che fa molto ambiente, il logo Futuro e Libertà, uno spicchio di bandiera italiana e la scritta Fini tutta in maiuscolo? Scelta, quella di mettere il nome, che non è piaciuta a qualche militante. Tale Curzio, per esempio: «Dà un senso di vecchio che sembra la copia di quello di Forza Italia. Cosa ci sta a fare quell’azzurro berlusconiano? E poi il nome di Fini va tolto, non per Fini in sé ma perché è ora di dare un taglio a nomi di singole persone su simboli di partito». E Nico: «Io non metterei alcun nome sul simbolo».
Ma al di là di questo, quale saranno le prossime mosse del presidente della Camera? C’è chi giura che a Perugia sarà una Mirabello bis: un attacco in grande stile a Berlusconi. Ma poi? Ritiro della fiducia e apertura della crisi come chiedono i duri e puri? Appoggio esterno? Mediazioni per andare avanti fino a fine legislatura? Quest’ultima è la posizione di Catia Polidori che al Giornale giura: «La base chiede che stacchiamo la spina? Quale base? La mia no di certo. La mia base, fatta da industriali, commercianti, gente comune, chiede di andare avanti e fare le riforme che servono al Paese, altro che staccare la spina. I miei elettori chiedono che ci rimettiamo tutti a lavorare e l’appoggio esterno mi sembra del tutto prematuro». Ma la pace sembra una chimera: «A quel punto o dentro o fuori. Io, personalmente, sono assolutamente contraria a ogni ipotesi di governo tecnico».
Quale sarà la rotta di Fini lo si capirà il week end prossimo a Perugia. Nell’attesa la posizione mediana sembra essere quella di Adolfo Urso che lancia un vero e proprio ultimatum al governo: «Metta in cantiere le riforme, altrimenti saremo costretti a parlare noi con il Paese e ad assumerci le nostre responsabilità».

Che tradotto vuol dire: è partita la conta alla rovescia per lo show down: «Anche alla luce di quello che sta accadendo in questi giorni ci attendiamo risposte politiche che chiediamo da mesi. E le risposte devono arrivare prima che si concluda la nostra assise di Perugia». In pratica cinque giorni in cui Gianfranco ha ributtato la palla dall’altra parte nel solito ed estenuante gioco del cerino.

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