Fogerty: «Io, ex Creedence canto ancora il vero rock»

Esce «Revival», il cd dell’autore di «Proud Mary» e «Bad Moon Rising»

da Milano

Tutti lo chiamano «il fratello maggiore di Springsteen» e chissà se senza il suo fantasioso «swamp rock», senza ballate milionarie come Proud Mary, Bad Moon Rising, Who’ll Stop the Rain, il Boss sarebbe quello che oggi è. Parliamo di John Fogerty, padre-padrone dei Creedence Clearwater Revival, l’anomala band che tra il ’69 e il ’72 ha strapazzato le classifiche di vendita piazzando 20 hit nelle top ten e vendendo oltre dodici milioni di album e sette milioni di singoli. Quei Creedence che dalla California, perfettamente equidistanti dalla pop music e dal radicalismo hippie, hanno aperto le porte al rock delle radici con un miscuglio - allora inedito - di blues, rockabilly, country creando un territorio musicale ricco di chitarre distorte ed immagini di paludi, alligatori, riti voodoo. Il marchio Creedence sulla musica moderna è come quello della Texaco per i motociclisti on the road. La band non c’è più da 35 anni; Fogerty, da solo, ha continuato ad incidere dischi di successo e di culto (la sua Rockin’ All over the World è un must di Springsteen dal vivo)ma ora, scrollatosi di dosso anni di litigi con gli ex compagni e di cause con la sua casa discografica, s’è riconciliato col passato, ha rimesso mano al repertorio dei Creedence e soprattutto pubblica questa settimana Revival, il nuovo cd che, nel segno della tradizione, lo rilancia nel mondo del rock che conta. «Mi sento un uomo nuovo, Revival è ricco di canzoni semplici, sintesi di quarant’anni di rock e della mia visione dell’America».
Ovvero?
«Sono cresciuto con la hippie generation ma ho sempre ragionato con la mia testa. Vengo da una famiglia medio-bassa, sin da bambino vendevo i giornali porta a porta per guadagnare qualcosa. Per cui c’erano tante cose all’interno del mondo hippie che non mi andavano; troppo idealismo e poca concretezza. La mia America è il blues, il Grand Canyon, Elvis, Patrick Henry, è questo che voglio cantare».
I Creedence sono stati un fenomeno irripetibile.
«Abbiamo inventato uno stile, non solo successi come Down on The Corner o Bad Moon Rising, ma anche brani complessi e lunghi come Born On the Bayou ».
Doug Clifford e Stu Cook hanno un gruppo che si chiama Creedence Clearwater Revived: tornerebbe a suonare con loro?
«Tempi d’oro ma irripetibili; sul nostro contratto c’era scritto che nessuno di noi, da solo, avrebbe potuto usare il nome Creedence e loro lo fanno, con una piccola modifica. Non è che io ne sia contento. Anche perché cantano solo le mie canzoni; vivono del mio lavoro senza rischiare in proprio».
Lei invece ha fatto dischi di gran successo, ed ora questo Revival.
«La mia vita e il mio lavoro è il r’n’r. Nell’album c’è anche Creedence Song ma è un divertissement; è come una ninna nanna, come se io raccontassi un bel sogno a mia figlia ruotando attorno alla frase:“non puoi sbagliare se ascolti una canzone dei Creedence”».
Lei è stato spesso accusato di disimpegno, salvo canzoni “forti” come Fortunate Son e Don’t Look Now.


«Io non faccio politica, ma faccio sentire il mio impegno sociale, in questo mi sento vicino a Springsteen che è un grande amico. Anche qui ho scritto brani di denuncia come Long Dark Night, ma non pretendo di insegnare nulla a nessuno, semplicemente di portare avanti la bandiera dello swamp rock».

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