Severa bacchettata della Commissione europea al presidente croato Stipe Mesic per la crisi con l’Italia sulle foibe. Il capo dello Stato croato non ci sta e risponde parlando di ingiustizia. Non solo: oggi l’ambasciatore italiano a Zagabria, Alessandro Grafini, è convocato dal ministro degli Esteri croato aggiungendo un altro episodio alla crisi diplomatica.
La Commissione europea ha bollato come «inappropriata» la reazione di Mesic al discorso del nostro presidente Giorgio Napolitano sulla tragedia delle foibe pronunciato il 10 febbraio, giornata del ricordo degli esuli giuliano dalmati. La portavoce della Commissione Ue, Pia Ahrenkilde Hanses, ha dichiarato che «il linguaggio usato dal presidente croato è sembrato inappropriato». Secondo la Hansen «la Commissione ritiene che questo scambio acceso dimostri quanto sia importante l’integrazione europea». Un’integrazione che, ha ribadito, «è basata su criteri ben definiti di accesso» e in cui «ogni Paese sarà giudicato secondo i suoi meriti». Tradotto dal linguaggio diplomatico significa che la Croazia, aspirante all’ingresso nella Ue, deve stare bene attenta a come si comporta.
La reazione di Mesic non si è fatta attendere. Con una breve nota del suo ufficio, il presidente croato ha definito la bacchettata della Commissione europea «di parte e scorretta». La replica, che getta altra benzina sul fuoco della polemica, è stata consegnata a Vincent Degert, il capo delle delegazione europea a Zagabria.
Oggi si consumerà un altro atto della crisi su caso foibe. Grafini, il nostro ambasciatore a Zagabria, deve presentarsi dal ministro degli Esteri croato, Kolinda Kitarovic, che protesterà per il discorso di Napolitano e la decisa presa di posizione italiana. Fonti de il Giornale fanno notare che la convocazione del nostro ambasciatore, pur essendo fissata per oggi, era stata notificata giorni fa. Prima che il ministro degli Esteri Massimo D’Alema convocasse il rappresentante diplomatico croato a Roma per protestare contro il discorso di Mesic, che accusava Napolitano «di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico».
eri il presidente della Repubblica è tornato sull’argomento in una conferenza stampa al Parlamento europeo. «Quando riaffiorano questioni legate a grandi punti neri della memoria, legate alla definizione di Shoah o a vicende come quella delle foibe, si può parlare di egoismi nazionali e divisioni chiuse in senso nazionale. Certamente queste cose sono entrambe anacronistiche» ha dichiarato Napolitano. «La soluzione - ha sottolineato - è nei principi e nei valori dell’Ue, principi e valori di tolleranza, di pluralismo, di riconoscimento delle diversità e, naturalmente, di riaffermazione delle libertà».
Gli uffici del primo ministro croato, Ivo Sanader e del presidente del Consiglio Romano Prodi, hanno preso contatto per riattivare la commissione storica italo-croata, che dovrebbe investigare sui crimini commessi prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale.
Il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, ha invitato Napolitano sulla foiba di Basovizza trasformata in sacrario monumentale il 10 febbraio. «Il nostro obiettivo ultimo è quello di una riappacificazione che consenta alle nuove generazioni di vivere un futuro di pace e benessere – ha scritto il sindaco -. Per questo crediamo che Trieste, con la Risiera di San Sabba - che fu un lager nazista - e la Foiba di Basovizza, rappresenti il luogo ideale di una riconciliazione possibile, dove il ricordo condiviso diventi la chiave per superare odi e diffidenze». L’idea coraggiosa è che i capi di Stato italiano, sloveno e croato si inginocchino assieme davanti alla foiba e agli altri luoghi della memoria. L’Unione degli Istriani, una delle associazioni più «accese» degli esuli, ha respinto l’iniziativa bollandola come «una farsa di imperdonabile gusto. Non è pensabile che in questo momento possa venire salutato favorevolmente dagli esuli».
A Roma il senatore di Forza Italia, Roberto Antonione, raccogliendo le firme di Pera, Pisanu e altri ha presentato una mozione che esprime «stupore e sconcerto» per le dichiarazioni di Mesic, ma impegna il governo «a porre rimedio al grave incidente diplomatico».
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