Folle Mantova insegue la serie A in discoteca

Gian Piero Scevola

Adesso Mantova sogna. Assente dal 1972 dalla serie A, alla società del presidente Fabrizio Lori si prospettano orizzonti di gloria: il primo posto in serie B dopo 9 giornate, 6 vittorie e 3 pareggi, nessuna sconfitta, un bilancio sano e addirittura in attivo. Questo è il miracolo dei biancorossi che, ripartiti dai dilettanti nel 1994, hanno inanellato due promozioni consecutive e ora sfidano quello che fino a qualche tempo fa era considerato l’impossibile. «Di questa squadra mi piace il cuore», afferma Lori, il presidente amato dai tifosi («Uno di noi, sei uno di noi...» cantano per lui), adorato dalle donne, incensato dalla città; il presidente che ha 16 modelle come segretarie, le «lorine» come sono chiamate dai mantovani. «Se continuiamo a pareggiare fuori e a vincere in casa, andiamo diritti in A».
Tutto è cominciato per caso nell’estate del 2004, quando a Lori, ricco industriale della plastica con la sua Nuova Pansac, 1.500 dipendenti, 8 stabilimenti in Italia, sedi commerciali a Milano, Parigi e Tokyo, è stato offerto di sponsorizzare il Mantova. «La sponsorizzazione non m’interessava e allora, per amore della città, dopo avere visto che i bilanci erano a posto, ho comprato il Mantova», precisa il presidente dalla bionda zazzera con boccoli fluenti, faccia abbronzata, fisico atletico, camicia slacciata sopra il jeans D&G, la mania di andare in panchina vicino all’allenatore Domenico Di Carlo. «Però sul suo lavoro non interferisco, ha completa autonomia tecnica». Niente a che vedere con i Gaucci o i Tonellotto, padri-padroni delle rispettive società, perchè per Lori i giocatori sono un gruppo d’amici. Con loro va a cena, in birreria e, talvolta, anche in discoteca. E poi non ha il problema della lingua (Lori parla inglese, francese e giapponese), perchè il Mantova è l’unico club di A e B che non ha stranieri nella rosa: tutti rigorosamente indigeni e con ingaggi ridotti all’osso.
Quello che prende di più è Massimo Brambilla (450.000 euro), un passato a Monza, Torino e Cagliari, con i vari reduci dalla A come Sacchetti, Sommese, Doga, Brivio, Paolo Poggi (un anno fa c’era anche Dario Hubner) che sanno accontentarsi. Anche il trentenne Gabriele Graziani, figlio di Ciccio, che con 72 gol in 7 stagioni è il miglior cannoniere della storia del Mantova, cosa che gli è valsa il soprannome di «Duca», ha saputo adeguarsi: gli basta essere entrato nella galleria dei grandi biancorossi, come Zoff, Sormani, Schnellinger, Giagnoni, Di Giacomo, Simoni, W. Negri, Pasinato.

«Mi piacerebbe ripetere l’impresa dell’Ozo Mantova di Mondino Fabbri che dal 1957 al 1961 passò dalla Quarta Serie alla A», la speranza di Di Carlo. «Lo so che sarebbe un’impresa, ma lasciatemi sognare, non costa niente».

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