Follini in bilico, parte il totosegretario

Ronconi: la legge elettorale ha bisogno di ulteriori correttivi

Gianni Pennacchi

da Roma

Sottovoce, in sordina e a passi felpati, si apre tra i postdemocristiani di governo il dibattito sulle dimissioni. Non certamente quelle di Pier Ferdinando Casini da presidente della Camera, annunciate giovedì da Dagospia e gonfiate dall’opposizione, che si son rivelate una bufala al tramontar dello stesso giorno. E nemmeno quelle, futuribili, dello stesso Casini legate alla sua partecipazione ad eventuali primarie del centrodestra. No, le dimissioni di cui si inizia a parlare son quelle del segretario Marco Follini, che pare aver scelto da solo di mettersi all’angolo. Accelerando volutamente la resa dei conti, da tenersi entro la metà del mese. E’ isolato, il segretario dell’Udc. Lo segue un nutrito manipolo di fedelissimi, ma ha rotto i ponti con Casini e con la componente che proviene dal Cdu. Persino Bruno Tabacci cerca di dissuaderlo, gli consiglia prudenza elogiando la tecnica del carciofo, cioè incassare un risultato alla volta e poi giocare sugli effetti. Ma Follini insiste, non cede. Così, padri, padrini e maggiorenti dell’Udc stan già soppesando le soluzioni. In corsa per la segreteria sulla quale sta in bilico Follini, sono già Mario Baccini e Rocco Buttiglione.
La novità è che alle mani tese da Casini, Follini continua a non rispondere. Anche l’ultima apertura, dell’altro ieri, è caduta nel vuoto. Quel «le primarie si è già deciso che si faranno, punto e basta» del presidente della Camera, era palesemente rivolto all’amico, per tranquillizzarlo e rassicurarlo. Ma sino a ieri sera, Follini non aveva ancora battuto un colpo, né pubblico né tanto meno privato. Lasciando rimbombare i messaggi affidati alle ultime interviste, come il più fresco sulle primarie, per le quali punta ovviamente su Casini ma «se poi devono scendere in campo le riserve, siamo in tanti».
Quel che appare evidente e con cui il suo partito s’appresta a fare i conti, è che Follini non è soddisfatto dei risultati ottenuti, non gli basta la legge elettorale e non s’accontenta delle primarie. Giudica illusorio e inconcludente il ritorno al proporzionale, senza il voto di preferenza. Reputa deleteria e disgregante la riforma costituzionale che l’Udc dovrà digerire subito dopo aver ottenuto la nuova legge elettorale che non è la «sua». Sa che primarie o no, vere o pro forma che saranno, ancora e sempre Silvio Berlusconi guiderà il centrodestra alle elezioni. Lo dice e lo ripete: non vuole che sulla legge elettorale si ingaggi con l’opposizione un «incontro di wrestling», vuole sì quella legge ma gli «sta a cuore molto più la tenuta di un sistema di regole, di equilibri, di garanzie», non se la sente di fare «un’altra campagna elettorale sotto la guida di Berlusconi». È questa, la linea di Follini. Una linea nella quale non si riconosce la stragrande maggioranza del suo partito. E poiché egli stesso ha detto che se fosse «di intralcio» è pronto ad andarsene, gli altri si preparano all’addio.
La soluzione ideale e meno traumatica è anche la più improbabile, perché alla meglio richiede tempi lunghi. E’ legata infatti alle primarie. Se si faranno davvero e seriamente, Casini dovrà dimettersi da presidente della Camera, perché non è pensabile che possa girar l’Italia in lungo e largo per la campagna elettorale, accantonando i pesanti impegni parlamentari. «Certo, lasciando Montecitorio Casini potrebbe riprendere la guida del partito», confida un parlamentare fedele, «ma se queste primarie bisogna farle, ovviamente cercherà di spostarle più in là possibile, quanto meno dopo gennaio. E il caso Follini non regge così tanto, esplode prima». Per ora dunque, il successore più accreditato è il ministro della Funzione pubblica Baccini, del quale Casini si fida, ha ottimi rapporti coi seguaci di Buttiglione, e non ha mai rotto con Follini e i folliniani. Anche Buttiglione tornerebbe volentieri a fare il segretario, i suoi infatti già lo propongono. Ha ottimi rapporti col Vaticano oltre tutto, e coi democristiani tedeschi, Buttiglione.

Ma saprà rinunciare al ministero dei Beni culturali?
Che l’addio di Follini possa andare in scena molto presto, lo rivela una dichiarazione diffusa ieri sera da Maurizio Ronconi, che torna a ribadire come la legge elettorale abbia «bisogno di ulteriori correttivi», per rafforzare «il bipolarismo e non invece una insana partitocrazia». Insomma, ancora no alle liste bloccate e sì al voto di preferenza. Ci si rivede l’11 ottobre.

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