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Con la Fondazione Garrone vincono le «forze del Bene»

Con la Fondazione Garrone vincono le «forze del Bene»

(...) del mondo della letteratura, della cultura, della musica e, da quest’anno, con Giovanni Rana, anche dell’imprenditoria.
Potete leggere tutti i particolari e le date del nuovo ciclo qui a fianco e la collaborazione con l’Archivolto è una specie di Dop che garantisce qualità, così come la conduzione di Giovanna Zucconi che, sul palco, con il suo fare un po’ salottiero, mette a suo agio gli ospiti che si raccontano, ottenendo ottimi risultati. Quelli che, ad esempio, non riusciva ad ottenere con Sumo su Radiodue. Impossibile sganciare il testo dal contesto e nei «lunedì Feg» la forza sta proprio nel contesto.
Ma, per l’appunto, qui vogliamo raccontare un’altra storia. Ed è quella, per usare una metafora garroniana, della vittoria delle forze del Bene. Del capolavoro della Fondazione Edoardo Garrone realizzato in pochissimi anni: la creazione di un polo culturale alternativo e di altissimo livello. Destinato a crescere ulteriormente dopo il patto di triangolazione con la Fondazione Agnelli e la Fondazione Pirelli - che rafforza il polo del Nord-Ovest e il cuore industriale della forma di cultura proposta - e l’ingresso come direttore generale di Paolo Corradi, uno che quando non c’è si sente. Confindustria Genova docet.
Con alcuni particolari assolutamente importanti. Per apprezzare appieno il lavoro di Garrone e Corradi, occorre ragionare poeticamente. Come Eugenio Montale: «Codesto solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». O, se si preferisce, come Francesco Guccini, peraltro già ospite dei lunedì Feg: «Quello che non...».
E così la Fondazione Garrone non è dipendente dalla politica, anzi ne sta ben lontana. La Fondazione Garrone, nonostante nasca da un potere industriale, non è legata a poteri forti vari ed eventuali, come dimostra anche la polemica di Duccio contro una città che vive solo di piccolo cabotaggio e non progetta il suo futuro affidandosi a esperti fuori dalla politica. La Fondazione Garrone, soprattutto - e mi sembra forse il pregio maggiore di questi tempi - non prende soldi pubblici. La Fondazione Garrone - e anche qui non siamo nel campo delle cose secondarie - non fa kultura con la kappa. A volte, in passato, soprattutto nei cicli del lunedì ha esagerato con alcuni compagnucci della parrocchietta, gente del solito salotto, ma un po’ alla volta anche questa tendenza va sfumando, così come va sfumando all’Archivolto, sempre più attento anche alle culture altre da quelle dei suoi fondatori.
Il capolavoro, poi, quest’anno è stato il ciclo di nove incontri sulla storia di Genova, organizzati in collaborazione con la Laterza, l’assessorato alla cultura e la Fondazione del Ducale, dove con Luca Borzani hanno trovato un altro che lavora anzichè parlare. E lavora bene. Anche se viene da sinistra.
Quegli incontri li abbiamo seguiti passo passo, dedicandovi moltissimo spazio prima e dopo ciascun appuntamento, perchè credo che si tratti dell’iniziativa culturale più significativa degli ultimi anni in Liguria. E, soprattutto, credo che la gente che fa la coda in gelidi lunedì di dicembre o di gennaio un’ora prima dell’inizio, i saloni del Maggior e del Minor consiglio strapieni, gli scaloni di Palazzo Ducale trasformati in una sorta di lunga catena umana, siano forse la notizia dell’anno per Genova.
La notizia, soprattutto, è che quella è gente vera. Non i soliti politici. Non i soliti intellettuali.

Ma tantissime persone come noi: di tutte le età, di tutti i quartieri, di tutte le estrazioni sociali, di tutti gli abbigliamenti, di tutte le idee politiche. Pronte a replicare per il nuovo ciclo, quando la Fondazione Garrone racconterà gli anni dell’industria a Genova.
Non so se si è capito. Ma a me sembra di aver raccontato un miracolo.

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