Fondi neri e conti truccati: la Finanza a casa Juve

Indagati i due dirigenti L’azzurro: «Mai pagato in nero»

Gianluigi Nuzzi

nostro inviato a Torino

Oltre trenta compravendite di giocatori gonfiate, calciatori come il capitano della nazionale Cannavaro pagati oltre il 5% sottobanco, scritture per fondi non dichiarati che compaiono in una sorta di contabilità parallela, custodita in segreto aldilà dei bilanci ufficiali della Juventus. L'indagine sui conti truccati bianconeri emerge con nove perquisizioni dopo avere sonnecchiato per un anno e mezzo. Pesanti le ipotesi dell'accusa: fondi neri e falsi in bilanci dal 2002 fino al 2005 con soldi extra a calciatori e operazioni riservate sul titolo. Insomma, un terremoto. Oltre all'ex amministratore delegato Antonio Giraudo, indagati per frode fiscale e falso in bilancio anche Luciano Moggi e un paio di dirigenti della Juve. Gli inquirenti lasciano capire che si tratta solo dei primi nomi, apripista per un'inchiesta dagli esiti imprevedibili. Non poteva esserci risveglio più amaro a Torino. Dopo la cupola di don Luciano che polverizza gloria e successi, deflagra così un altro scandalo. «La Juventus ha realizzato - scrivono i magistrati nel decreto di perquisizione - operazioni "incrociate" che hanno influenzato positivamente i bilanci mediante l'iscrizione di poste sopravvalutate. Ciò è stato realizzato mediante la sopravvalutazione del valore dei giocatori ceduti e l'inserimento in bilancio della corrispondente posta attiva (plusvalenza)». Per l'accusa significa che il sistema su arbitri&partite di don Luciano va inquadrato in un'azione più ampia di frodi fiscali, contabilità occulte, bilanci confezionati ad hoc e pagamenti in nero. Per guadagnare e celare le perdite.
Si scopre così che all'occorrenza, sempre per l'accusa, gli accordi sotterranei venivano presi tra diversi club. Come il caso, ricostruito in Procura, tra Juve, Como e Genoa per gonfiare la valutazione di quattro giocatori. Per i Pm Moggi, avrebbe partecipato «a un accordo trilaterale con Como e Genoa, funzionale a consentire al Como di ricevere in via riservata un importo di un milione e 600mila euro a seguito della risoluzione di un contratto di partecipazione che riguardava i calciatori Felice Piccolo e Alex Pederzoli». Per questo motivo la Juventus depositò in Lega «un contratto dal quale risultava che i due calciatori ritornavano di sua proprietà e che li riscattava al prezzo di 10mila euro ciascuno». Poco dopo e contestualmente la Juve sottoscrisse un altro contratto, questa volta con il Genoa, con il quale la squadra ligure cedette alla Juventus due giocatori, Francesco Massimiliano Volpe e Domenico Criscito, dal valore di 150mila euro ciascuno. In tutto i valori vennero, «sopravvalutati in misura pari a un milione e 500mila euro».
Di fronte a queste accuse le perquisizioni diventano per i Pm di Torino improrogabili. Così ieri mattina i carabinieri a Napoli su per le strade di Chiaia Posillipo, le traverse dei quartieri alti. Alle 7.40 i militari bussano in via Orazio, casa di Alessandro Moggi, figlio di don Luciano e uomo chiave della ragnatela Gea. Svuotano i cassetti. Dopo tre ore vanno nell'abitazione di via Tetrarca, da papà Big Luciano. Controlli approfonditi sì ma sempre di contorno, come le analoghe perquisizioni nelle case dell'ex direttore generale bianconero a Roma e Torino. La perquisizione principale, che si protrae per tutta la giornata, investe direttamente la Mole, i simboli, corso Galileo Ferraris, fortino bianconero. Gli investigatori erano venuti qui una volta sola nel febbraio del 2004 e non si erano fatti più vedere. Ora arrivano prima quattro, poi cinque pattuglie della Finanza. Decine di divise grigie tutto il giorno a ribaltare archivi, scrivanie e memorie informatiche. Si inizia dalla stanza luminosa, l'aria come rarefatta, dove Lucianone tirava le fila. Alcune sue cose sono ancora esposte. Altre negli scatoloni. Si passa poi agli uffici amministrativi. All'archivio. Il decreto di perquisizione dispone un controllo a tappeto. E quando le agenzie di stampa a metà pomeriggio battono che la perquisizione alla Juve è conclusa, sono in molti a tirare un respiro di sollievo. Ma in realtà era solo un diversivo: i militari delle Fiamme gialle stanno andando ancora avanti, repertando centinaia di documenti prima del sequestro. Tra loro, a contare i soldi nel portafoglio della Signora, troviamo persino il procuratore aggiunto Bruno Tinti. D'accordo con il capo Marcello Maddalena segue di persona la perquisizione cassetto dopo cassetto. Con i finanzieri che inscatolano computer portatili, infilano documenti nei sacchetti presi allo store bianconero con il logo che passa sotto i flash all'uscita. È un segnale forte quello che vuol dare Tinti. Vuol dire che la procura di Torino, tra talpe vere o presunte che dal Tribunale filavano con Lucianone Moggi, tra amicizie, coperture e veleni, ebbene non guarda in faccia a nessuno. E va nel tempio della Signora.
Con il procuratore aggiunto, controllano le carte, ufficiali della Finanza del nucleo provinciale, un paio di consulenti, commercialisti fidati, scelti proprio da Tinti per sbrogliare la matassa dei conti della Juve. Si prendono le comunicazioni sociali riguardanti il calciomercato del 2002 e del 2003, per poi passare agli ultimi anni. Fino a tutto il 2005. C'è chi dice persino agli ultimi mesi. Ecco operazioni dubbie come quella che nel 2002 portò Brighi al Parma come contropartita nella cessione di Marco Di Vaio al club della triade. Ecco le plusvalenze del 2001-2002 per le cessioni di Zinedine Zidane e Filippo Indaghi. Da controllare le compravendite di almeno trenta calciatori. I pagamenti. I contratti con club italiani e società estere. Da verificare anche gli estratti dei numerosi conti correnti della Juve. Da inquadrare ancora quella che viene elegantemente definita «documentazione extracontabile», come se lì ci fosse persino una doppia redicontazione. Per l'accusa è anche possibile che ci siano stati dei conti correnti non ufficiali che servivano per pagamenti terzi. A iniziare da quelli ad alcuni calciatori. Fabio Cannavaro e Slatan Ibrahimovic sono stati perquisiti ma non risultano indagati. Per Ibrahimovic gli inquirenti avrebbero trovato una «donazione» fuori dal contratto girata dalla Juve all'Ajax, club che cedette il beniamino ai bianconeri.

Cannavaro avrebbe invece incassato dei soldi extra visto gli «elementi che dimostrano la regolamentazione riservata dei rapporti economici». Ma lui nega: «Mai fatti contratti in nero - afferma -. Tra l'altro secondo me a noi neanche convengono… ».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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