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La Forleo esulta. Dambruoso: ma la verità è un’altra

Il giudice di primo grado: «Ha vinto lo Stato di diritto». L’ex Pm: «Ci sono fatti non contestabili»

da Milano

«La considero un’importante sentenza, una vittoria dello Stato di diritto e del principio dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge»: questo il commento a caldo del gup Clementina Forleo, che lo scorso 29 gennaio assolse - scatenando un’ondata di polemiche - i tre islamici dall’accusa di associazione sovversiva a scopo di terrorismo internazionale e condannati solo per i reati-satellite legati ai documenti falsi e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il giudice per le udienze preliminari ha specificato di considerare importante la sentenza «soprattutto alla luce dei vergognosi attacchi alla mia persona e alla mia sentenza, in quanto essa è stata la prima ad aver affermato principi di diritto, anche internazionale, evidentemente sconosciuti da persone che si presume debbano avere esperienza in materia». Stefano Dambruoso, l’ex pm della Procura di Milano tirato in ballo da Daki per presunte irregolarità nell’interrogatorio, replica: «Si tratta di una sentenza che va rispettata ed eventualmente impugnata, naturalmente dopo aver valutato le motivazioni». Il magistrato poi sottolinea che decisioni come queste ripropongono un problema: «La dimostrazione in sede processuale di fatti storici non contestabili: e cioè che queste erano persone che reclutavano soggetti da inviare in Iraq, raccoglievano documenti falsi e diffondevano gli ordini di un leader, il mullah Fouad, che dalla Siria ordinava le azioni. Se questo per più di un giudice è penalmente irrilevante lo rispetto». «La verità processuale che si forma in dibattimento, ed è di per sé formale, nulla aggiunge o può contraddire la verità storica che è quella che è stata portata davanti ai giudici: per la Procura di Milano questi fatti, cioè reclutare jihadisti e raccogliere documenti falsi , erano penalmente rilevanti». Di fronte al fatto che nell'ultimo anno ci sono state, per i medesimi reati, sentenze diverse, Dambruoso ha sottolineato che ciò «indica la difficoltà di trasformare dei fatti storici, per me gravi, in verità processuali».
«Il rito ambrosiano ha colpito ancora», l’aspro commento del ministro per le Riforme Istituzionali Roberto Calderoli. Che si dice «sconcertato» per le assoluzioni. «Non c'è che da attendere il ricorso in Cassazione, che mi auguro la Procura vorrà presentare immediatamente, per fare sì che il giudizio venga espresso in una città diversa rispetto a Milano». E stavolta perplessità di fronte alla sentenza assolutoria arrivano anche dal centro sinistra. Secondo il responsabile Sicurezza della Margherita, Maurizio Fistarol, «oggi sembra di combattere a mani nude ed è venuto il momento di chiederci quali siano oggi gli strumenti di diritto a nostra disposizione in ambito nazionale ed internazionale per contrastare il fenomeno terroristico».


Il responsabile Giustizia della Margherita, Giuseppe Fanfani, è ancora più esplicito, almeno per quanto riguarda le accuse fatte da Daki che sostiene di essere stato interrogato «abusivamente» nell'ufficio del pm Stefano Dambruoso: «Posso solo dire che in questi casi occorre molta prudenza e attendere che si faccia chiarezza, perché, dietro questi episodi, ci può essere la verità ma si può anche nascondere il falso o il depistaggio».

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