Cronaca locale

Formentini e il folclore padano «Elmi celtici e tiro alla fune? Servono a cementare l’identità»

«Il messaggio lanciato venti anni fa da Pontida è ancora vivissimo, nei cuori come nella realtà politica». L’ex leghista Marco Formentini, per 10 anni esponente di spicco del Carroccio, anche da sindaco di Milano - dal 1993 al 1997 - fra politica e privato parla del mega-raduno leghista: «Quel giuramento - dice - è ancora vivo e la Lega vi ha sicuramente tenuto fede, non si può certo dire che non si sia impegnata a farlo in questi vent’anni». Formentini non c’era al primo raduno di Pontida: «Partecipai dal secondo in poi, perché fu proprio nel 1990 che mi avvicinai al movimento leghista e alle sue idee», racconta. «Anche quando poi sono uscito dalla Lega, ho continuato a condividerne il disegno di fondo, pur se non mi piacevano certi atteggiamenti e certe provocazioni, come l’anti-italianismo. Per questo motivo non mi ci sono più riconosciuto. Ma allora - ricorda - si pensava che movimenti leghisti analoghi potessero sorgere anche al Centro e al Sud, non solo al Nord dove la Lega Lombarda era comunque ancora divisa dalla Liga Veneta».
Non teme di sfogliare l’album fotografico di allora ricco, come del resto ancora oggi, di elmi con le corna, scudi crociati, spade e armamentari vari: «All’occhio esterno - ammette - possono pure sembrare ridicoli. Ma gli elmi celtici come i tiri alla fune, le elezioni delle miss Padania o i tornei di calcio della nazionale padana sono elementi se vogliamo folcloristici che però servono a mantenere la coesione di un movimento, a rafforzarne l’identità e il senso di appartenenza, al di là di quelle che possiamo tranquillamente considerare esagerazioni».
Nostalgia del suo passato leghista? «Nostalgia no - risponde l’ex primo cittadino di Milano - Ma sicuramente seguo con interesse le posizioni e le azioni della Lega». Quanto al federalismo, meta storica una volta messo da parte il separatismo, può considerarsi finalmente raggiunto, in vista degli attesi decreti attuativi? «Direi proprio di no. La Lega nasce federalista e soltanto dopo il ribaltone contro Berlusconi diventa separatista, per serrare i ranghi e stringere le fila. Ma il federalismo mi appare ancora come la bella copertina di un libro che è però tutto da scrivere.

E che forse - conclude - non si scriverà mai».

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