MilanoNon è chiaro se ha un alibi, intanto giura di non avere movente. «Non siamo masochisti» è la risposta di Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, a coloro che nel Pdl accusano lui e la sua Rete Italia di aver fatto mancare a Letizia Moratti i voti dei ciellini. Si difende: «Gli amici di Cl hanno candidato cinque persone che saranno tutte elette se la Moratti vince. Abbiamo anche due assessori uscenti in giunta. Basta questo semplice ragionamento per far capire che i miei amici si sono impegnati come sempre e più di sempre». Contrattacca: «Illustri esponenti del Pdl hanno alzato i toni sopra le righe e cercano di scaricare un po vilmente sugli altri. Facciano un esame di coscienza...». Tra coloro che secondo Formigoni dovrebbero fare lesame di coscienza cè anche il Giornale.
Per chi non lo sapesse, Cl è la sigla di Comunione e liberazione, il movimento ecclesiale nato nel 1954 su ispirazione di don Luigi Giussani, sacerdote che insegnava al liceo Berchet di Milano. Roberto Formigoni ne è da subito esponente di punta: nel 1970 diventa uno dei memores Domini (così si chiamano i laici consacrati di Cl), nel 1975 fonda il Movimento popolare, un po la traduzione politica di Cl. Poi Formigoni (con i ciellini, cioè simpatizzanti e aderenti a Cl) entra nella Dc, da lì nel Ppi, nel Cdu e infine, nel 1998, in Forza Italia.
I ciellini hanno labitudine di votare compatti e la fama di riuscire a distribuire i loro voti con aritmetica precisione, cosa che nella prima Repubblica era una regola ma adesso è una chimera per la stragrande maggioranza dei partiti. Tutto questo preambolo per spiegare la natura della polemica. Cl conta i suoi voti ma lo fanno anche i suoi alleati e ogni tanto qualcuno sostiene che i numeri non tornano e che i ciellini hanno «diviso» i voti, per pesare sia di qua che di là. Oppure per essere determinanti al ballottaggio e ottenere qualcosa in cambio (come un maggior ruolo nellExpo), quale sarebbe il caso oggi in questione.
Laccusa dai vertici del Pdl allarea di Cl è arrivata via stampa su molti quotidiani sotto forma di retroscena (ovvero gli articoli che raccontano le «voci» di Palazzo). Durante la campagna elettorale Pisapia ha rievocato di essere stato allievo e ammiratore di don Giussani al Berchet e questo ha contribuito ad alimentare i dubbi.
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, ha raccontato i medesimi sospetti in un editoriale e in un titolo di prima pagina: «La verità sul caso Milano». Spiegazione: «Nel centrodestra non tutti hanno messo il massimo dellimpegno a favore della Moratti. Il sindaco prepara la rivincita: licenziati i ciellini e nuova strategia». Formigoni ha replicato piccato: «Mi spiace che queste parole arrivino dal giornale che poche settimane fa chiedeva di dare la preferenza non a Silvio Berlusconi ma a un soggetto come Lassini».
Formigoni assicura di non aver fatto il doppio gioco. Allindomani del voto, un fuori onda di Striscia laveva pizzicato mentre inveiva: «Ma dove c... sono finiti i nostri voti? Dobbiamo capirlo nel giro di 48 ore». Adesso non ha più dubbi: «Certo che lho capito. Neanche uno è finito a Pisapia. Venticinquemila voti che mancano sono andati al Terzo Polo, gli altri 55mila o sono rimasti a casa o hanno votato altri candidati. Ma ripeto: nemmeno uno ha votato Pisapia. Sono elettori di centrodestra! Sono arrabbiati con noi, ma sono recuperabili».
È ottimista: «Siamo pronti a fare una grande sorpresona al ballottaggio. La sinistra aspetti a cantare vittoria. Gli elettori ci hanno dato una botta, una martellata in testa e abbiamo ancora il bernoccolo. Ma noi agli elettori diciamo: attenzione a non fare i Tafazzi, a non tirare la martellata su voi stessi». Il giudizio sul candidato della sinistra è senza appello: «Pisapia è cento volte peggio dellimmagine negativa che alcuni si sono fatti della Moratti e che per altro non corrisponde alla verità».
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