«Fortapàsc», Napoli 20 anni prima di diventare «Gomorra»

Roma Raccontare la Camorra dopo Gomorra. È la scommessa, vinta, di Marco Risi che in Fortapàsc, tra i toni del classico film di denuncia e il delicato innesto d’una leggerezza da commedia, ripercorre gli ultimi mesi di vita di Giancarlo Siani, il giornalista «abusivo» (precario a Il Mattino) ucciso dalla camorra a Napoli il 23 settembre 1985. L’altra sera nella città partenopea c’è stata l’affollata anteprima poco istituzionale, anche se non è mancata la presenza della coppia Bassolino-Jervolino, al San Carlo restaurato che ha tributato al film un lungo e caloroso applauso (Risi ha affettuosamente soprannominato il teatro «il Giancarlo»).
Vedremo se il pubblico (il film esce venerdì a tappeto in Campania e il 27 in tutta Italia) lo amerà. Saviano l’ha già visto e pare abbia anche apprezzato. Ma intanto Marco Risi ci tiene a tracciare i differenti percorsi: «L'idea di Fortapàsc nasce sette anni fa quando Gomorra non esisteva. L’andamento dei due film è completamente diverso. Gomorra, che ho amato tantissimo, è rapsodico, racconta tante storie, è durissimo, un reportage di guerra in cui tutto appare disperato. Il mio film invece è più classico, ci soffermiamo sul protagonista e nonostante il finale tragico e violento, nell’ultimo sguardo di Siani appare un sorriso, uno slancio di speranza».
La fine è nota e il film inizia annunciandola: quattro giorni dopo aver compiuto 26 anni, sotto casa al Vomero Giancarlo Siani viene ucciso nella sua automobile adorata, la Citröen Mehari, da due individui in moto. Molti anni dopo la magistratura individuerà gli esecutori e i mandanti nei camorristi di Torre Annunziata a cui non piacevano le corrispondenze che Siani, giornalista in erba e sveglio, inviava da lì. Ma forse c’è di più: «Non si hanno prove definitive - rivela Risi che ha scritto il film insieme a Jim Carrington e Andrea Purgatori - ma c’è una lettera in cui scriveva che aveva in mano cose molto interessanti da pubblicare, magari in un libro. Forse si riferiva al voto di scambio...».
Prodotto da Angelo Barbagallo, Gianluca Curti e Rai Cinema, Fortapàsc (il cronista dipingeva Torre Annunziata come un Fort Apache) snocciola un cast molto ben calibrato in cui svetta Libero De Rienzo (l’attore di Santa Maradona) che, come un camaleonte, è proprio Giancarlo Siani: «Ho avuto la fortuna di trovare una sceneggiatura non stereotipata: il mio personaggio non è né un santino né un martire. E io ci ho messo dentro qualcosa di indispensabile e carnale insieme». Valentina Lodovini, che tra un mese vedremo anche in Generazione mille euro, è contenta invece di aver mostrato, nel ruolo della ragazza di Siani, «il lato umano di Giancarlo, nella vita privata era molto meno sicuro che sul lavoro».

«Un ragazzo che era acqua pulita, sorgente pura e che ciononostante non è riuscito a portare via il fango della sua terra», conclude Marco Risi che ha dedicato Fortapàsc al padre Dino: «È morto tre giorni prima dell’inizio delle riprese. Purtroppo sarà il primo film che lui non vede e... insomma, dispiace».

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