Il «fortino» Udc spinge Pierferdy da Silvio

RomaPassano o non passano? Nel retropalco di Chianciano, festa Udc, si contano e ricontano i parlamentari centristi su cui grava il sospetto di essere tentati dal passaggio al cosiddetto gruppo di «responsabilità nazionale» evocato dal Cavaliere.
Insomma, chi tradirà Casini per andare a sostenere Berlusconi? Le smentite ufficiali, in questi casi, non convincono mai del tutto nessuno, e neppure quelle date in privato: «Ho parlato uno a uno con i possibili filo-berlusconiani, e tutti negano di avere trattative in corso col centrodestra - racconta un parlamentare centrista di lungo corso - ma è ovvio che dicano no: la verità si dice solo a cose fatte, in questi casi». E d’altra parte, spiega l’esponente casiniano, «in un’ala non trascurabile del partito c’è malessere per una linea giudicata troppo spostata a sinistra, e per una eccessiva acquiescenza nei confronti della magistratura», dunque l’intenso corteggiamento che arriva da destra potrebbe trovare terreno fertile. E anche dallo staff di Casini si conferma: «Per alcuni dei nomi evocati in questi giorni mettiamo la mano sul fuoco, ma per qualche altro...».
I cinque deputati indicati con nome e cognome da qualche giornale (Tassone, Mannino, Ria, Drago e Pisacane, tutti meridionali doc) hanno firmato una nota in cui respingono «con sdegno» l’accusa di «basso trasformismo», come chiesto dal segretario Udc Lorenzo Cesa. Ma ieri di nome ne girava anche un sesto, ancor più pesante: quello di Saverio Romano, coordinatore del partito centrista in Sicilia. Ossia nel principale serbatoio elettorale Udc. Un pezzo da novanta, Romano, che alle ultime elezioni europee ha incassato la cifra record di 110mila preferenze, e che ieri è salito sul podio di Chianciano per lanciare a Casini un avvertimento: la deriva giustizialista e sinistrorsa va fermata, l’Udc deve guardare dalla parte opposta e lasciar perdere gli idilli con Bersani e Fini. «Non dobbiamo isolare Berlusconi, buttandolo tra le braccia della Lega», ha esortato Romano, auspicando un patto col premier: «Noi siamo disposti a sostenerti, in cambio della riforma elettorale». Il parlamentare siciliano, che aveva anticipato i contenuti del suo intervento anche ad esponenti del Pdl, prende le distanze da Fini («Ci copia, ma restiamo due cose diverse»), e invita l’Udc a «non consegnarsi» alla linea del Pd e a «non ammainare la bandiera del garantismo per una utilità tattica».
Il segnale che arriva dalla Sicilia preoccupa Casini, che viene descritto come assai irritato per il pressing cui è sottoposto il suo partito, e per il possibile cedimento di qualche bastione. Il campano Michele Pisacane, per dire, è in rotta col ras regionale De Mita e sta alacremente trattando su ben due fronti, per prepararsi il futuro fuori dall’Udc: col Pdl ma anche col Pd (a fine luglio si è incontrato con Franceschini).

Intanto ieri il leader Udc ha dovuto rintuzzare le critiche di Fini, che lo ha accusato di aver voluto lui l’attuale legge elettorale. «Vero che chiedemmo una legge proporzionale», precisa Casini - ma Fini dimentica che chiedemmo anche le preferenze, e fummo lasciati soli. Siamo lieti che abbia cambiato idea».

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