Per fortuna l'Italia parte male: il Messico batte gli azzurri 2-1

Parte con una sconfitta la strada dell'Italia verso i mondiali in Sudafrica. Ma di solito gli esordi stentati ci portano bene. Si salvano solo Buffon, Criscito e Bonucci. Il ct: "Carichi di lavoro, ma potevano far di più" 

Per fortuna l'Italia parte male:  
il Messico batte gli azzurri 2-1

Che botta, ragazzi. Due pappine dal Messico, brillante e in palla, reduce da una preparazione strabiliante, nell’amichevole di ieri sera a Bruxelles (corona di fiori e preghiere dinanzi alla lapide che ricorda i caduti dell’Heysel). Si prepari il Sud-Africa che deve incrociare i centro-americani nella partita inaugurale dell’11 giugno, al mondiale. Lippi e gli azzurri possono consolarsi con la scaramanzia e qualche legittima giustificazione: partire col piede sbagliato, in amichevole o nei primi tornanti del torneo, ha sempre portato fortuna al vessillo azzurro capace di riguadagnare credito e terreno nella fase decisiva del torneo. Così andò in Spagna nell’82 con Bearzot al volante, così con Sacchi nel ’94 negli Usa, così infine in Germania con Lippi al comando della ciurma poi campione a Berlino.

La prima sconfitta del calcio italiano (al culmine della sfida numero 10) col Messico non ha solo un valore statistico (sesta sconfitta della gestione Lippi su 42 presenze in panchina). C’è da valutare la salute atletica del gruppo, apparso infiacchito dalla dura preparazione al Sestriere. I messicani andavano a cento all’ora, i nostri sembravano fermi, piantati sull’erba. Loro avevano tre ragazzi in attacco, capaci di infliggere figuracce alla banda Buffon, gli azzurri hanno combinato qualcosa di significativo nell’assalto finale (palo di Bocchetti e gol di Bonucci, non a caso uno dei migliori nel test belga) dopo aver prodotto il meglio del proprio repertorio nei primi tre minuti (traversa di Iaquinta). Stretto il 2 a 1 finale per i rivali che hanno mostrato gioco, corsa e messo in vetrina il talento di ragazzi di grande avvenire, Vela, Hernandez, Giovani, e Juarez, il più interessante del gruppo schierato dal Ct Aguirre. Negato al Messico un rigore evidente.

Non ha funzionato lo schieramento provato e riprovato al Sestriere. Forse perché misurato col peggior avversario possibile che ha imbottigliato la Nazionale e provocato una grave frattura tra il blocco difensivo e il resto della squadra. Così dell’esperimento di Marchisio, dietro la punta centrale, si son perse le tracce, insieme all’abilità balistica di Di Natale, sostituito all’intervallo. Dalla sua parte, le incursioni più pericolose prodotte dal Messico, capace di sorprendere, con un lancio da quella parte, anche Cannavaro e Bonucci, coppia in grado di reggere gli assalti. Il Messico ci ha fatto ballare la rumba.

Si fa prima a fare l’elenco di chi ha deluso e bucato la prova che a designare i rari azzurri meritevoli di citazione positiva. Tra questi ultimi, per esempio, a parte Buffon, l’unico fuoriclasse in circolazione, appunto Bonucci e poi Criscito, due semi-debuttanti: poco più indietro Iaquinta per la partenza e il finale rabbioso. Gilardino è un tema da affrontare, prossimamente: nello spezzone a disposizione, Pazzini ha fatto sicuramente meglio. Scadente la performance del resto della compagnia rientrata al volo a Torino e al Sestriere, proprio per non perdere gli effetti della preparazione in altura.
«Siamo scesi dalla montagna, siamo partiti al mattino, siamo arrivati con le gambe pesanti. Potevamo fare meglio ma abbiamo patito la differenza rispetto al Messico che ha solo giocato. Naturale che fossero più brillanti di noi. Io li conosco bene i miei, al mondiale non saremo questa Italia»: Marcello Lippi ha messo il petto in fuori e difeso il gruppo, schivando le prime inevitabili frecce avvelenate.

È tornato a casa con qualche considerazione in più: si può praticare quel modulo impegnativo, il famoso 4-2-3-1 portato in giro per l’Europa dall’Inter di Mourinho a una sola condizione, che ci sia brillantezza fisica.

E all’esordio contro il Paraguay, che non ha il passo svelto e malandrino del Messico, mancano appena 11 giorni. Non sono una eternità ma possono consentire di colmare qualche lacuna. Non tutte. Nella ripresa, Lippi è passato al più prudente 4-4-2: troppo tardi per far cambiare inerzia alla sfida e alla prova generale.

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