Politica

FORZA SILVIO

I siti di Al Qaida ieri hanno esultato. Appena si è sparsa la notizia che Silvio Berlusconi era stato colpito da un malore mentre parlava ai militanti dei Circoli di Marcello Dell’Utri, gli uomini del terrore hanno sperato che non fosse un semplice calo di pressione, ma hanno tifato per qualcosa di peggio. Mentre gli uomini di Bin Laden – e forse qualcun altro – gufavano contro il Cavaliere, un brivido ha percorso file di moderati italiani e si è riversato sui centralini dei giornali, sul nostro sito web. Non stupisce la reazione dei terroristi e nemmeno di coloro che invece si preoccupano per le sorti di questo Paese. I primi sanno bene che Berlusconi è stato ed è uno dei più concreti sostenitori di una linea che vede l’Europa schierata al fianco degli Usa nella lotta al terrorismo e benché sconfitto alle elezioni dell’aprile scorso (ma come? Ma con quali sistemi?), il Cavaliere è tutt’altro che vinto. E al di là delle facili letture date dalla stampa italiana di sinistra, il successo dei democratici americani poco cambierà nella politica degli Stati Uniti contro il terrorismo. Sappiamo che i fondamentalisti islamici sono sempre stati molto attenti a quel che accade nel nostro Paese e la crescente impopolarità di Romano Prodi, accompagnata da uno straordinario recupero di consenso da parte di Berlusconi e del centrodestra, non possono che preoccuparli.
Per contro è altrettanto comprensibile la paura che ha attanagliato molti italiani. Checché se ne dica e scriva, Berlusconi è l’unico leader del centrodestra e se lui uscisse di scena non si vede chi potrebbe raccoglierne l’eredità. Sì, so bene che alcuni, anche dentro la Cdl, lavorano da mesi – ma sarebbe meglio dire da anni – per soffiargli la poltrona e avviarlo sul viale del tramonto, possibilmente sulle spiagge di una qualche isola esotica. Ma l’ipotesi di un centrodestra vivo e vincente senza il Cavaliere è una fantasia che è sorretta solo da una ambizione così smisurata da annebbiare la lucidità anche di politici di lungo corso. Quelli che dentro Forza Italia si credono capaci di prenderne il posto sbagliano i conti, mentre quelli che nella Casa delle libertà calcolano di riuscire a spostare i voti azzurri verso il loro partito, semplicemente si illudono. Allo stato attuale non esiste una persona che sintetizzi in sé carisma e abilità politica. Il Cavaliere da solo, anzi, solissimo – e le ultime elezioni ne sono la prova –, ha convinto un italiano su quattro a votarlo. Se lui uscisse di scena, per stanchezza o per curarsi, Forza Italia scomparirebbe e insieme al primo partito italiano – oggi accreditato del 28-30 per cento – si scioglierebbe il centrodestra, che sarebbe relegato, nonostante Prodi, all’opposizione per i prossimi 10 o 15 anni. Del resto, la scorsa settimana è bastato uno sfogo domenicale fra amici per terrorizzare l’elettorato moderato, spaventato all’idea che Silvio, scocciato dai giochi di Palazzo, se ne vada in barca, lasciandoci in balìa di Romano e la sua banda.
Ciò non deve stupire: che i partiti oggi, scomparsa ogni ideologia, siano rappresentati da un uomo lo dimostra da un lato la crisi del centrosinistra, guidato da un leader senza leadership, ma lo provano soprattutto le difficoltà in cui si dibatte la Lega Nord: con un Bossi meno presente a causa della malattia, il passo del movimento autonomista si è fatto incerto e non bastano i capetti di provincia a restituirgli l’originaria baldanza.
Prima che questo accada all’intera Casa delle Libertà, non resta dunque che augurare a Berlusconi di riprendersi in fretta dal calo di pressione.

Altrimenti, a doversi preparare a un lungo periodo di bassa pressione sarebbe l’Italia.

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