«Foto alle urne? Si può

«Un’operazione legittima, ma a determinate condizioni». L’avvocato Vinicio Nardo, in forza allo studio legale di Michele Saponara, spiega come l’iniziativa dei Democratici di sinistra di fotografare ai seggi «volti sospetti» per evitare l’inquinamento del voto alle primarie sia «un fatto privato, e come tale va gestito».
Nessun illecito, quindi, ma a patto che gli elettori vengano preventivamente informati. «Innanzitutto - spiega Nardo - chi è al seggio deve avvertire gli elettori che saranno fotografati. Ed è possibile farlo anche affiggendo un cartello che sia ben visibile». «Secondo - prosegue il legale - sarebbe opportuno far firmare una sorta di liberatoria, con cui la persona che viene fotografata si dichiara consapevole e consenziente».
Il punto è che «non si tratta di elezioni politiche, che sono un diritto e anche un dovere dei cittadini, cosa per cui sono garantiti la privacy e l’anonimato». Le primarie, infatti, rispondono a un regolamento «interno, stabilito da chi le organizza, e chi decide di partecipare deve attenersi a quel regolamento». Fatti salvi, ovviamente, «i criteri della tutela della privacy».
Dunque, chi vota deve essere informato. «Non accade come nei supermercati, dove la legittimità delle telecamere a circuito chiuso è garantita da un principio di presunzione di conoscenza». Nel caso delle primarie, infatti, la decisone di scattare delle foto con i telefoni cellulari risponde a criteri privati, «motivati dalla necessità di evitare che il voto venga falsato». E dunque giustificato.


E nel caso in cui l’elettore si rifiutasse di essere ripreso? «Credo che i presidenti di seggio - prosegue l’avvocato Nardo - siano liberi di impedire agli elettori “sospetti” di votare, perché non esiste una normativa che regoli le primarie (come invece avviene per le consultazioni politiche), se non quella stabilita da chi questa consultazione l’ha organizzata».

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