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La Groenlandia specchio dell'Europa

La Groenlandia occupa una posizione chiave nello scacchiere artico: controllo delle rotte commerciali rese accessibili dallo scioglimento dei ghiacci, rilevanza militare nel confronto con la Russia e la Cina, e potenziale accesso a risorse minerarie critiche

La Groenlandia specchio dell'Europa
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Il panorama internazionale ha conosciuto un'altra brusca accelerazione in seguito all'annuncio della nomina di Jeff Landry, attuale governatore della Louisiana, a Inviato Speciale degli Stati Uniti per la Groenlandia. La decisione dell'amministrazione Trump, che da tempo manifesta un interesse esplicito per l'isola artica in nome della sicurezza nazionale americana, ha innescato una dura reazione diplomatica da parte della Danimarca e una presa di posizione dell'Unione Europea.

La scelta di Landry non è priva di valore simbolico. Governatore dello Stato che porta ancora nel nome il ricordo della Louisiana Purchase del 1803, con la quale gli Stati Uniti raddoppiarono la loro dimensione territoriale, Landry ha apertamente dichiarato che il suo obiettivo è quello di rendere la Groenlandia parte degli Stati Uniti. Dichiarazioni che il presidente Trump ha accompagnato con una retorica che richiama più il linguaggio immobiliare che quello diplomatico, parlando della Groenlandia come di un asset strategico irrinunciabile per Washington.

Al di là delle suggestioni storiche e simboliche, le motivazioni americane sono eminentemente strategiche. La Groenlandia occupa una posizione chiave nello scacchiere artico: controllo delle rotte commerciali rese accessibili dallo scioglimento dei ghiacci, rilevanza militare nel confronto con la Russia e la Cina, e potenziale accesso a risorse minerarie critiche. Ed è su questo terreno che si colloca il rinnovato attivismo statunitense, più che su un reale processo negoziale formalizzato per l'acquisizione dell'isola, che al momento non esiste. La reazione danese è stata immediata e netta. Copenaghen ha ribadito che la Groenlandia non è in vendita. A questa posizione si è affiancata quella dell'Unione Europea, che ha espresso piena solidarietà alla Danimarca.

In questo quadro, l'Europa sembra quasi stretta in una manovra a tenaglia. Non una strategia dichiarata, tantomeno coordinata, ma una dinamica di fatto: da un lato, la pressione americana, sempre più improntata a una logica transazionale che sembra subordinare alleanze e garanzie di sicurezza a vantaggi territoriali o commerciali; dall'altro, la persistente minaccia russa ai confini orientali dell'Unione. Le indiscrezioni su possibili canali di dialogo diretti tra Washington e Mosca, alimentano a Bruxelles il timore di un'esclusione europea dai tavoli decisionali cruciali per la propria sicurezza. Da qui l'accelerazione su dossier come la libera mobilità militare europea, il rafforzamento della capacità di difesa e il sostegno finanziario e militare all'Ucraina.

La vicenda groenlandese diventa così qualcosa di più di una disputa territoriale: è il sintomo di un cambiamento profondo nel sistema internazionale.

I Paesi europei sono così chiamati a misurarsi con una nuova realtà, in cui la solidarietà atlantica non può più essere data per scontata. In ogni caso, la Groenlandia ha già dimostrato di non essere solo un'isola lontana nell'Artico, ma uno dei nuovi epicentri della politica internazionale del XXI secolo.

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