Franceschini in Liguria dimentica Burlando

Franceschini in Liguria dimentica Burlando

(...) non propriamente soddisfatto sarà stato chi si aspettava qualche parola di sostegno e incoraggiamento al candidato del centrosinistra alle regionali liguri 2010, Claudio Burlando. Ma come? Il Pd genovese si vanta di essere riuscito a portare sotto la Lanterna la Festa anche per lanciare il governatore alla conferma della Regione, e poi il segretario non trova il modo di esprimergli il suo appoggio. Gli è dedicato un passaggio velato, quasi casuale mentre Riotta gli chiede dell’Udc e delle strategie per il futuro. Franceschini parla di alleanze nel rispetto dell’autonomia regionale: «Valuteremo caso per caso, ci saranno zone d’Italia dove potranno nascere alleanze più grandi nel centrosinistra che comprendano anche il partito di Casini, di cui dobbiamo rispettare la scelta di non voler prendere una posizione di campo». A Burlando, seduto in prima fila insieme a Marta Vincenzi e Alessandro Repetto, un veloce riferimento mentre parla di «tante regioni in cui ragionare sulle alleanze, anche la Liguria dove è candidato Burlando». Nulla di più per chi pensava ad una «benedizione» nazionale per l’ex ministro del governo Prodi.
L’intervista a Franceschini, alle quali seguiranno altri due momenti dedicati agli altri candidati alla segreteria del partito, Ignazio Marino e Pierluigi Bersani, scorre tra diversi dibattiti che si stanno alternando sul palco della festa del Pd. Senza il contraddittorio pidiellesco e leghista vista la diserzione di massa del centrodestra. Il primo a fare le spese del mancato confronto è stato il dibattito di apertura: sabato sera, tema la ricostruzione dell'Aquila. Se poi, iattura delle iatture, oltre ai politici dà forfait anche Bernardo de Bernardinis, vice capo della Protezione Civile, la strategia diventa quella di abbandonare il bon ton che vieta di parlare male degli assenti. E chi è l'assente più assente di tutti per non essere neanche stato invitato se non lo stesso Berlusconi che «quando viene all'Aquila fa solo propaganda mentre dovrebbe parlare anche con gli amministratori e i cittadini», ne approfitta subito la presidentessa della Provincia aquilana, Stefania Pezzopane che rincara la dose: «col Piano case del governo stanno spuntando come funghi centinaia di villette in terreni non edificabili». È troppo anche per il sindaco del capoluogo terremotato, Massimo Cialente, che pur tra varie critiche: «le aree sono state scelte in una settimana sulla base del rischio idrogeologico perché si è scoperto che anche negli anni '70 si era costruito male».
Ci prova Federico Oliva dell'Istituto Nazionale di Urbanistica a spiegare al pubblico che «abbiamo qualche preoccupazione sulle strategie di ricostruzione». Prende la palla al balzo Donatello Tinti, sindaco di Nocera Umbra, che accusa: «dopo il terremoto in Umbria la ricostruzione è stata affidata ai piccoli comuni e non è stata imposta dal Governo come sta succedendo all'Aquila». Se Luigi Vicinanza, il direttore del quotidiano abruzzese Il Centro, prova a dire che «era dal 1908 (terremoto di Messina, ndr) che in Italia non veniva distrutta una grande città e in questo caso l'eccessiva concertazione non avrebbe permesso la realizzazione di tante unità abitative», subito viene stoppato da Fabio Melilli, presidente della Provincia di Rieti e membro della segreteria nazionale Pd. Non solo «Berlusconi dilaga e cede alla tentazione del palcoscenico». La colpa maggiore, secondo il codice Melilli, è quella di aver realizzato «delle belle case ma provvisorie».

«Comunque molte abitazioni sono state finite e consegnate, altre in fase di ultimazione e il 21 settembre riapriranno tutte le scuole», ci prova Vicinanza provocando un coro di «ma questo è merito nostro».
Franco Crosiglia

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