Subito dopo la relativamente inaspettata vittoria di Dario Franceschini, D’Alema si è imbarcato sul suo 18 metri per smaltire la rabbia fuori dalle acque territoriali. Su una pilotina della guardia costiera è raggiunto dallo sconfitto Bersani che salito a bordo dell’Ikarus II dice: «Max, calma e gesso» e gli allunga un sacchetto di tappi metallici. Spezzaferro passa in silenzio un’ora a piegarli con pollice e indice. Appena lo vede esausto, Bersani comincia a parlare: «La partita è solo rimandata. Da quando Franceschini è segretario, il Pd non ha preso che batoste. Alle politiche del 2008, con Veltroni, avevamo il 33 per cento dei voti. Alle europee di giugno 2009, dopo tre mesi di guida Franceschini, ci siamo ritrovati col 26 per cento. Con lui, alle regionali 2010, finiremo al 20». «Sarà la fine di questo democristiano dell’accidente e toccherà finalmente a noi», conclude D’Alema rinfrancato mentre sopraggiungono su una chiatta Rosy Bindi, Enrico Letta, Livia Turco, Anna Finocchiaro e la compagnia al completo degli sconfitti.
Con mezzo Pd sull’Aventino tra i flutti del Mediterraneo, Franceschini affronta la sua seconda stagione da segretario. Non ha la minima idea di cosa fare e ricalca le orme del passato. La sua prima mossa è imporre al pezzo di partito che gli resta di adottare le calze azzurro turchese del giudice Mesiano. Così conciati vanno tutti al primo gay pride organizzato da Luxuria. È anche la prima delusione. Infatti, seccati per il rifiuto di Franceschini di allearsi con la sinistra estrema, Paolino Ferrero, Nichi Vendola, Pecoraro Scanio boiccottano il festino. Dario in realtà vorrebbe aprire anche a loro, ma Veltroni, il Lord protettore, è inflessibile: il Pd - ripete implacabile - è un partito a vocazione maggioritaria e deve fare da sé. Pena l’ingovernabilità il giorno che saremo al governo, aggiunge. «Ma quale governo se non ci alleiamo con altri?», si inalberano diversi franceschiniani ex Pci quali Fassino (l’unico senza calze Mesiano mancandone della sua misura), Cofferati, Giovanna Melandri. Quest’ultima poi fa già la fronda perché Franceschini non l’ha presa come vicesegretario donna a fianco del congolese Jean Leonard Touadi. Ha preferito la Serracchiani che si è alleata con lui trovandolo più simpatico dei suoi rivali Bersani e Marino. Un po’ seccato per la scelta di Touadi come vice è anche Veltroni che si riteneva il più idoneo a rappresentare l’Africa nel Pd.
Per superare l’isolamento, Dario gioca con più lena la gag dell’antiberlusconismo. Ripete che il Cav è un ominicchio, ma Di Pietro rilancia: «È un quaquaraqua». Dario: «Gli manca il comune senso del pudore». Di Pietro: «È un nazista». Dario: «Fareste educare i vostri figli da uno così?». Di Pietro: «Berlusconi è come l'Aids, se lo conosci lo eviti». Il segretario si dà per vinto e, pur continuando a insultare, torna sui suoi passi. Ripesca il genitore centenario e rigiura sulla Costituzione, va alle sorgenti del Po e sbertuccia Bossi, serve pasti alle feste dell'Unità.
Preso da queste attività neanche si accorge che D’Alema è tornato a riva, ha inciuciato con Franco Marini e gli ha fatto il vuoto attorno.
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