Francia, nuovo scandalo sexy Strauss Kahn torna in cella

L’ex direttore del Fondo monetario in caserma a Lille per l’interrogatorio sui festini al Carlton. Rischia fino a sette anni. La difesa: non sapevo fossero escort

Francia, nuovo scandalo sexy Strauss Kahn torna in cella

Certo, poco ha a che vedere con il Sofitel. La sfilata con le manette ai polsi, gli agenti dell’Fbi che lo scortavano in carcere, a New York. Era il 14 maggio del 2011, ma sembra ieri. Perché da ieri Dominique Strauss Kahn è di nuovo in cella, però in una caserma della gendarmerie di Lille, nord della Francia. E l’ex direttore del Fondo monetario è andato all’interrogatorio di sua volontà, per dire la sua sullo scandalo dell’hotel Carlton e dei festini a luci rosse, l’ultimo capitolo della saga erotopolitica che ne ha segnato il destino verso l’Eliseo.

Dsk è arrivato in anticipo, poco prima delle 9, una schiera di giornalisti ad aspettarlo. Aveva detto di voler chiarire i fatti, difendersi da quelle che, secondo lui, sono solo «insinuazioni azzardate e in malafede», nuovi tasselli del «linciaggio mediatico» di cui si sente vittima dall’anno scorso. Anche se di complotto si è parlato a lungo per la vicenda del Sofitel e l’accusa di violenza nei confronti della cameriera Nafissatou Diallo (archiviata, dal punto di vista penale, il 23 agosto scorso). Ora Dsk deve spiegare quelle feste osé a Lille, ma anche a Parigi e a Washington, trasferte costose per le escort, che erano pagate - secondo l’accusa - da due imprenditori, David Roquet (un big dell’edilizia francese) e Fabrice Paszkowski, manager di un’azienda di materiale sanitario. Uno dei viaggi sospetti è quello dall’11 al 13 maggio scorso a Washington: l’ultimo, perché il giorno dopo c’è l’arresto e la vita di Dsk crolla.

Anche oggi la linea di difesa di Strauss Kahn si preannuncia identica: è vero che ha partecipato ai festini, ma non c’è stato alcun reato perché non sapeva che le ragazze fossero escort.

È la stessa tesi sostenuta in passato, è la sostanza del mea culpa che Dsk recitò in tv a metà settembre, davanti a milioni di francesi ed ex potenziali elettori delusi: «Ho sbagliato, ma non c’è stata alcuna violenza e non ho commesso reati». Colpa morale, abbattimento e abbruttimento dell’uomo, ma l’ex idolo della gauche non vuole passare da criminale. La sua versione sembra coincidere con quella dello scrittore (e amico) Michel Taubmann: «Raramente, in vita sua, ha rifiutato la possibilità di un attimo di piacere». Un uomo da curare, forse, come lui stesso avrebbe ammesso in confidenza, ma non da incarcerare. E un uomo, secondo molti (e non solo della sua cerchia) travolto da un complotto di proporzioni ben maggiori della famosa stanza del Sofitel, e che lui non è stato in grado né di prevenire, né di arginare.

Strauss Kahn alla gendarmerie di Lille è tutto un altro uomo rispetto a quello del maggio scorso: il potere, le ambizioni presidenziali, l’arroganza dell’élite sono state sommerse dalla cronaca, uno sputtanamento dopo l’altro, una prima pagina dopo l’altra. Perfino sull’Huffington Post francese, l’edizione diretta dalla moglie Anne Sinclair, la premiere dame che i francesi sognavano (e forse per questo, davvero, non perdoneranno mai Dsk, per non averla portata all’Eliseo): ieri il sito pubblicava ogni dettaglio della vicenda, con galleria di foto e centinaia di commenti. Del resto un mese fa, al lancio dell’edizione francese, Anne Sinclair dichiarò che avrebbe pubblicato tutto, senza eccezioni, guai del marito compresi. E così è stato. I lettori l’hanno premiata: molti hanno scritto per esprimere «sostegno» a lei e alla famiglia, molti hanno rievocato la cospirazione. Forse nostalgici di Strauss Kahn, forse già delusi da Hollande.

Ora Dsk aspetta di conoscere il primo verdetto dei giudici: ha passato la notte in cella, potrebbe restare per un altro giorno, fino a che decideranno sulla sua incriminazione. Le accuse sono di complicità in sfruttamento della prostituzione e appropriazione indebita. Rischia fino a sette anni. È un altro uomo Dsk, rispetto a New York.

Forse spera nei domiciliari come allora, non più nel lusso di Tribeca ma nella sua casa a place des Vosges, nel Marais. Duecentoquaranta metri quadri affacciati sulla piazza più esclusiva di Parigi che, dicono, l’ex pupillo della gauche si goda sempre più in compagnia solo di se stesso.

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