«Franciosa beve troppo Musante voleva menarmi»

«Non penso mai agli attori scrivendo la sceneggiatura», confessa Dario Argento. Qualcuno dirà: «Si vede». A volte hai l’impressione che, perso dietro incubi sanguinari e invenzioni di stile, il regista intrattenga con gli interpreti un rapporto distaccato, distratto, di mera funzionalità narrativa. Lui un po’ ci scherza. Per «Profondo rosso», con azzeccato gusto cinefilo, recuperò Clara Calamai, gloriosa diva anni Trenta-Quaranta, e le fece incarnare un’assassina. Un successo. Altre volte, specie con le star americane, sono nati problemi. È lui stesso ad ammetterlo. «Con Tony Musante fu un tormento. Era il mio primo film, “L'uccello dalle piume di cristallo”. Non ci siamo proprio presi, sin dal primo giorno. Una lite continua, su tutto. Alle fine delle riprese voleva menarmi. Letteralmente. Sapeva dove abitavo, cominciò a battere i pugni sulla porta: “Open that door!”. Io e Daria Nicolodi restammo chiusi dentro, zitti, finché non se ne andò». Non andò tanto meglio con Anthony Franciosa, per «Tenebre». «Quella volta non litigammo, era bravo, ma mi irritava l’uomo: sul set beveva tanto, troppo, e non sta bene quando si lavora». Qualche attrito l’ha avuto anche con gli attori di scuola Actors Studio. Cita «Due occhi diabolici», firmato con l’amico Romero. «Per carità, Harvey Keitel è bravissimo, un portento. Solo che s’immerge nella parte in modo pauroso. Ti fa mille domande: e perché devo fare questo e perché devo dire questo? Non sapevo che spiegazioni dare. Così, per farlo contento, mi inventavo la prima cosa che mi veniva in testa. Funzionava». Argento sorride. Ha appena finito di girare a Torino «Giallo», un film su commissione, di produzione americana, su sceneggiatura non sua, protagonisti Adrien Brody ed Emmanuelle Séigner. «Non so come sia venuto.

Può darsi bene, o magari una stronzata, be’ una stronzata forse no». E ti racconta di Brody. «Maniacale. Dev’essere tutto vero. In una scena doveva bere un bicchiere di whisky, noi avevamo messo tè, come s’usa. Niente da fare: senza whisky non gli veniva bene».

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