La frase di Diaz? Denota autoironia, una gran dote...

Caro Granzotto, sulla cosiddetta «frase storica» di Armando Diaz mi sembra che siate un po’ tutti fuori strada. È sbagliato riferirla all’offensiva di Vittorio Veneto del 1918. La frase fu pronunciata al convegno interalleato di Peschiera del novembre 1917, quando Foch domandò a Diaz: «Où est ce Montelè dont tout le monde parle?». La battaglia d’arresto si svolgeva allora sul Piave e tutti parlavano del Montello, ma Diaz non riusciva a indicarlo sulla carta 100.000 dello stato maggiore. Cominciò allora a smaniare in puro dialetto napoletano con i suoi aiutanti: «Addo’ sta ’sto c... ’e Montello?». Intervenne bruscamente il Re che si vantava di conoscere tutte le stazioni ferroviarie d’Italia e risolse immediatamente il problema. L’aneddoto è narrato da Ugo Ojetti nelle «Cose viste». Non ho avuto tempo né voglia di cercare il volume nello scatafascio della mia biblioteca, ma non credo che la memoria m’inganni.

Ohibò, caro Lastraioli. Qui l’affare si complica. Al convegno interforze di Peschiera del Garda – 8 novembre 1917 – partecipò il generale Armando Diaz duca della Vittoria o il generale Pietro Badoglio duca del Sabotino? Costui solo il giorno seguente, venerdì 9, lasciò il Comando supremo e dunque non si scappa, l’8 era ancora in carica. E poi, scusi, sa, ma a Peschiera l’unico a prendere la parola in nome dell’Italia fu Emanuele III. L’ora era grave. Gravissima. Occorreva non solo prendere decisioni di eccezionale portata, ma convincere gli alleati che ancorché ridotto in tocchi l’esercito italiano avrebbe retto sulla linea del Piave. Vittorio Emanuele i suoi generali li conosceva bene, sapeva quanto fossero litigiosi e ampollosi per cui volle giocarsela lui, la partita: e la vinse (niente «ritirata strategica» sul Po, come chiedevano i francesi e gli inglesi, ma contrattacco). Se dunque il generale Ferdinand Foch, un po’ spaesato sul fronte italiano, dove era da poco giunto proveniente dallo scacchiere dalla Somme, ebbe la curiosità di sapere ove si trovasse esattamente il Montello, che insieme al Grappa delineava la nuova linea del fronte voluta da Vittorio Emanuele, sarebbe stato quest’ultimo a indicarglielo. Visto poi che, come lei giustamente osserva, caro Lastraioli, il nostro Re Soldato la carta geografica la conosceva a menadito, non doveva certo chiedere aiuto a Diaz lasciando che scartabellasse fra le mappe esclamando – alla presenza di Sua Maestà! - «Addo sta ‘sto c... ‘e Montello?». Roba, minimo minimo, da corte marziale. Però, siccome due indizi fanno una prova, grazie alla sua segnalazione, caro Lastraioli, possiamo concludere che a Peschiera o a Udine quell’«Addo sta» Armando Diaz deve averlo pronunciato. E che Ugo Ojetti - l’avesse udito con le proprie orecchie o glie l’avessero riferito - da qualche parte lo registrò. Nero su bianco. Essendo in villeggiatura, nemmeno io ho l’opportunità di controllare se la battuta compare in «Cose viste», ma non importa. Abbiamo fatto o stiamo facendo chiarezza salvando l’onore di Montanelli, di Ojetti e, tutto sommato, anche quello di Diaz.

Perché parliamoci chiaro, Montello o Vittorio Veneto che sia solo un generale non reso ottuso dal culto del proprio ego, solo un generale capace di autoironia e quindi solo un eccellente generale, il migliore, poteva in un’occasione solenne per i destini della Patria sbottare in tal modo (e poi c’è qualcuno che fa guerra ai dialetti. Ma ci facciano il piacere!)

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