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Frattini invita l’Iran alla Conferenza sull’Afghanistan

La notizia arriva da Teheran: Franco Frattini - annuncia il portavoce del ministero degli Esteri Hassan Qashqavi - ha chiamato il capo della diplomazia iraniana Manuchehr Mottaki per invitare l’Iran alla riunione ministeriale allargata che la presidenza italiana del G8 intende organizzare in giugno a Trieste sulla stabilizzazione dell’Afghanistan.
Una prospettiva - quella del coinvolgimento di Teheran nel tentativo di domare la guerriglia talebana - affacciata come «ipotesi» nei giorni scorsi da Frattini. Che oggi infatti, da Bruxelles, ha parlato di «tempi stretti» per arrivare a includere l’Iran nel processo di stabilizzazione, senza però arrivare a ufficializzare l’invito: «Ascolteremo gli alleati europei, gli Usa e la Russia», ha ribadito il titolare della Farnesina dopo la riunione dei ministri degli Esteri dei Ventisette, spiegando che domenica ne parlerà con il collega russo Sergei Lavrov.
Malgrado la comprensibile cautela però, prende corpo di giorno in giorno la possibilità - ormai più di una semplice ipotesi - che Mottaki arrivi a Trieste per discutere con la comunità internazionale di come «vincere» la complessa partita afghana. Ieri il portavoce iraniano si è limitato a dire che Teheran sta «studiando con interesse» la proposta italiana, che punta a far sedere allo stesso tavolo i rappresentanti degli Otto Grandi e delle potenze regionali che possono influire in maniera decisiva per la pacificazione dell’Afghanistan. Fra queste, è ovvio c’è anche l’Iran.
L’azione diplomatica della Farnesina si inserisce in questo senso nel solco della nuova strategia «dialogante» messa a punto dall’amministrazione Usa di Barack Obama. Frattini nei giorni scorsi è volato a Kabul dove ha ottenuto il via libera del presidente afghano Hamid Karzai e appena rientrato a Roma ne ha riferito in una lunga telefonata all’inviato di Obama per l’Afghanistan e il Pakistan Richard Holbrooke. Venerdì poi, a Washington, avrà modo di parlarne direttamente a quattr’occhi con il segretario di Stato Hillary Clinton nel loro primo incontro.
Terminata l’era Bush alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sembrano aver capito che l’approccio militare da solo non basta a ricomporre il puzzle afghano. E accanto al «surge» delle truppe, Obama sta cercando un dialogo anche con Iran e Siria, che il suo predecessore aveva frettolosamente derubricato come Stati canaglia. «Abbiamo capito che in Afghanistan e in Pakistan ci vuole una soluzione regionale.

Non solo truppe, ma ricostruzione, Stato di diritto, formazione della polizia, con il coinvolgimento di tutti i vicini», ha confermato infatti ieri Frattini.

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